Rachele Somaschini
Rachele Somaschini

di Francesca Bastoni

“Donne e motori gioie e dolori” così recitava, una volta, il detto sul binomio donna-automobile. Oggi la realtà si è ribaltata drasticamente e il sesso femminile ha saputo brillare e conquistare altrettanti spazi e visibilità del cosiddetto sesso forte. È il caso di Rachele Somaschini, 23 anni e già campionessa nelle gare su pista e nel Campionato Velocità in Montagna. Le dieci vittorie nei rally di montagna, ottenute nel corso del 2016, hanno messo in luce, in un lasso di tempo, tutta la grinta della donna forte. Col suo sorriso calmo e determinato ha saputo conquistare e scaldare i cuori degli appassionati di corse automobilistiche facendo loro conoscere la seconda passione della sua vita: l’attività della FFC, ovvero la Fondazione Fibrosi cistica, di cui è testimonial d’eccezione. Infatti, quando Rachele alla guida della sua auto s’inerpica sulle scoscese strade di montagna, inanellando curve e sfidando la morte, a spingerla a correre non è solo il coraggio, ma una sua personale gara per la vita. Rachele è affetta dalla nascita da una malattia rara, la fibrosi cistica, un male che non perdona; lei oggi è testimonial della Fondazione per la Fibrosi Cistica dove s’impegna nella raccolta dei fondi da devolvere alla ricerca di una cura per questa malattia.

Photo Gallery ©  CLAUDIO PEZZOLI – New Reporter Press

Parliamo della fondazione e del tuo impegno; come e quando è nato il suo coinvolgimento e il binomio con l’ attività sportiva?
È difficile separare i due contesti, la mia passione per i motori risale alla mia infanzia . Ho dei ricordi del tempo trascorso al velodromo di Monza, dove mio padre mi portava con sé quando gareggiava e da lì il passo per l’attività agonistica è stato breve. Trovarsi in mezzo alla mischia, l’odore di motori a parlare di auto e vederle sfrecciare mi ha portato a conseguire, in tempi record la patente di guida e da lì, l’autorizzazione per effettuare le gare su circuito. Sei anni fa, quando avevo diciassette anni – racconta – dalla Fondazione mi chiesero se me la sentivo di partecipare a un ballo delle debuttanti dove avrebbero organizzato una raccolta di fondi. Fino ad allora avevo cercato di minimizzare con gli altri, di nascondere quasi la mia situazione.

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Sapevo da tempo che la mia era una malattia letale e me ne rendevo conto ogni giorno che passava, quando per 365 giorni all’anno mi devo sottoporre alle cure: un’ora e mezzo di terapia alla mattina ed un’ora e mezzo alla sera. Sempre aiutata da mia madre, Monica, che mi segue dappertutto come un’ombra. Anche quando vado a gareggiare. Lei è apprensiva, è sempre in ansia. Se viene in pista non sta nei box a guardarmi correre, ma si nasconde dietro. Oppure in montagna, per le cronoscalate, non si mette nel punto più difficile per vedermi passare come fanno tutti, ma va al traguardo e lì soffre per tutto il tempo, fin che non mi ha visto arrivare…”

Eh, la grande passione… E in tutto questo penso ci sia lo zampino di papà, o sbaglio?
“Ovviamente! Da sempre mi ha incoraggiata. Ha accelerato le pratiche per il conseguimento della patente. La teoria l’avevo già data e mi restava l’esame di guida pratica. Insomma routine, per la nostra famiglia di guidatori provetti.

 

Tua madre come vive la sua passione per la velocità?”

Lei non lo dà a vedere ma un po’ di ansia è sempre presente e c’è anche l’orgoglio e la partecipazione per i successi e le vittorie conquistate.

Il primo ricordo della sua infanzia?
Il primo ricordo è sul Go-kart! Mi ricordo la paura per questo mezzo. Allora non scattò la scintilla fatale, la mia paura era più grande della curiosità. Tuttavia, malgrado tutto, mio padre non si arrese e riprovò ancora…. E fece bene! Oggi è ancora al mio fianco in ogni evento sportivo: come tecnico ai box, assistente e consigliere. La sua esperienze nel campo dei motori è indiscutibile!

Rachele davanti alla sua “mini” “truccata” per la vendita dei ciclamini, con la nonna Elisa, il papà Luca e la mamma Monica

Eppoi c’è il grande impegno con la fondazione che promuove lo studio per la cura della fibrosi…
Anche l’attività con la fondazione è nata quasi in contemporanea; nel corso della prima gara disputata su pista. La mia determinazione mi ha portato al traguardo ma anche ad un successo più importante: una raccolta record di contributi versati. E’ stata una grande soddisfazione ottenere, in una lotteria benefica, un tale risultato di adesioni. A tutt’oggi non c’è gara a cui partecipi che non conti stand informativi e materiale sulla Ricerca. Il mio contribuito personale è dato dalla visibilità . Una ragazza che gareggia, in uno sport prevalentemente maschile, ottiene più riscontri in termini di popolarità ed io offro la mia partecipazione come testimonial principale per risvegliare l’interesse del pubblico a favore della Ricerca. I successi ottenuti nel corso confermano il mio impegno e il mio totale coinvolgimento.

Che cosa è esattamente la fibrosi cistica?
“Si tratta di una malattia che, fino a poco tempo fa, era considerata ad alto tasso di mortalità. Oggi è più gestibile, anche se va costantemente monitorata, quello che conta è imporsi una routine perfettamente calibrata fra terapie da seguire e gli impegni della vita quotidiana. Non adagiarsi mai! Sebbene sia poco nota è più diffusa di quanto si possa pensare. Anche per questo, lotto… Combatto per sensibilizzare le famiglie! La fibrosi ha infatti un’origine genetica e per questo è fondamentale convincere padri e madri a sostenere i test diagnostici e intervenire tempestivamente.

La tua partecipazione di testimonial come si articola? È limitata all’attività agonistica?
Non mi accontento delle corse, questo è certo! Mi considero una testimonial e una volontaria a tempo pieno. Lavoro con mio padre, mi alleno e mi godo la mia età; ma il resto del tempo lo dedico alla Fondazione.

Una vita piena dunque, come fa a conciliare tutto?
Sono un piccolo vulcano in costante fermento. Ogni momento della mia giornata è dedicato ad una attività precisa. Grazie alla mia routine particolare, nel corso di questi anni ho avviato delle campagne di sensibilizzazione di cui vado molto fiera.

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Di che cosa si tratta?
Idee coinvolgenti per attirare l’interesse degli sportivi e non. “A bordo con Rachele” è un progetto creato da me attraverso il quale è possibile seguire le mie gare e contribuire a far progredire la ricerca… Quella con la erre maiuscola, tanto per intenderci! A ogni tappa viene allestita una postazione di volontari per sensibilizzare e raccogliere fondi in modo mirato. Poi c’è l’iniziativa che, più di tutte, incarna il mio pensiero: “CorrerePerUnRespiro” un modo per far volare in alto la ricerca presso un pubblico più vasto. Abbiamo anche un sito: www.fibrosicisticaricerca.it. Attraverso la mia testimonianza e dei ragazzi affetti da fibrosi si viene a conoscenza dei sacrifici e dei compromessi a cui siamo vincolati, noi tutti… Nascere con la fibrosi cistica vuole dire dipendere da cure quotidiane che sottraggono tempo ed energia alla vita, quella vera. Ma anche un modo per far capire che la vita non è tutta rose e fiori e che non bisogna mai dare niente per scontato, noi ne sappiamo qualcosa in merito.

Se ti dico Just breathe”? Che cosa ti ispira?
È il mio motto. È così importante che ho deciso di tatuarmelo. In due parole riassume Il mio stile personale e grintoso di vivere la vita con dignità e un tocco di classe.

Da quanto convivi con questa consapevolezza?
Ricordo la prima volta che ho scoperto di essere malata. Avvenne durante l’ora di scienze a scuola. È stato traumatico scoprire la verità ma anche importante per acquisire uno stile di vita più sano e una visione obbiettiva delle mie condizioni di salute.

Che cosa è per te uno stile di vita sano?
Imparare a stabilire una scala di priorità in base alle proprie risorse. Sotto questo aspetto, sono cresciuta prima , rispetto ai miei coetanei! Ho imparato, ben presto, che una notte trascorsa a ballare in discoteca comporta pro e contro ! E ho cominciato a preferire, al piacere di una sera di bagordi, una settimana di svago e sport all’aria aperta.

Oltre ai rally coltivi altre passioni?
Mi piace sciare, correre e vivere a contatto con la natura.

L’attività fisica non ti stanca?
Al contrario! Mi fortifica e mi permette di raggiungere prima i miei traguardi.

Lei ha preso la patente giovanissima bruciando i tempi; quando non gareggi che tipo di guidatrice sei?
La mia esperienza di sportiva mi permette un certo grado di disinvoltura, ma resta sempre valido il principio che la pista è una cosa e la strada è tutt’altro. Noi automobilisti sportivi abbiamo sviluppato il giusto livello spericolatezza calcolata. Per questo sono sempre molto richiesta quando si tratta di uscire per serate in compagnia e lunghi viaggi. Inevitabilmente mi trovo sempre ad essere l’elemento sul quale tutti fanno affidamento.

Rachele col fidanzato MicheleChe consiglio daresti ai ragazzi in generale e a coloro che hanno scoperto di essere affetti da fibrosi cistica?
L’importanza per coloro che hanno la fortuna di godere di ottima salute è di fare di tutto per preservarla e prendersi cura di se stessi. Ai ragazzi che hanno scoperto di essere ammalati o che si ostinano a ignorarlo, consiglio di non nascondersi e affrontare in modo consapevole la realtà dei fatti. Oltre allo sconforto iniziale si possono scoprire infinite possibilità di riuscita. Guardi me. Corro, organizzo la vendita dei ciclamini e passo giornate intere in mezzo alla strada a Milano per smerciarli. E, dulcis in fundo, in pista ho trovato anche l’amore. Il mio fidanzato, Michele, corre anche lui. Ma soprattutto si precipita ad aiutarmi a vendere i ciclamini. Ecco, sono felice e fortunata.

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