NASCE LA PRIMA BANCA MONDIALE DEI SEMI HIMALAYANI
KATHMANDU, Nepal – La prima banca dei semi delle piante himalayane per la salvaguardia della biodiversità vegetale nel Parco dell’Everest. Sarà presto una realtà la straordinaria iniziativa del Comitato Evk2Cnr e del Nast (Nepal Academy of Science and Technology) in collaborazione con l’Università di Pavia, che non ha precedenti al mondo. L’accordo è stato firmato stamattina a Kathmandu grazie anche al supporto del primo ministro del Nepal Madhav Kumar Nepal, che ha lodato l’operato del Comitato EvK2Cnr nel campo della ricerca d’alta quota e del monitoraggio climatico.
La prima banca al mondo dedicata alla conservazione della flora alpina himalayana, chiamata “Himalayan Seed Bank” (HSB), ospiterà i semi delle specie endemiche del Sagarmatha National Park (Parco Nazionale dell’Everest), ed in particolare delle piante officinali e selvatiche, ma anche di quelle agricole, allo scopo di salvaguardare la preziosa biodiversità locale dagli effetti dei cambiamenti climatici e dell’antropizzazione del territorio. Oltre alla conservazione “in-situ”, cioè nel loro ambiente di vita, infatti, attraverso un programma di formazione di ricercatori locali, si cercherà di mettere a punto studi sulla germinabilità dei semi in diversi scenari climatici e ambientali, al fine di comprendere fin d’ora cosa accadrà a queste piante di ambienti freddi nel prossimo futuro, per effetto del riscaldamento del pianeta.
“Il subcontinente Indiano rappresenta una delle aree del mondo più ricche in biodiversità – spiega Graziano Rossi dell’Università di Pavia -, con vegetazione naturale che va dalle foreste pluviali tropicali sempreverdi fino alla vegetazione alpina. L’Himalaya, considerato uno dei 20 hot spot più importanti per la biodiversità al mondo (secondo Conservation International), ospita oltre 3000 specie endemiche, cioè esclusive di questo territorio. Deforestazione, incendi, inquinamento, sfruttamento eccessivo della flora per ricavare medicine, e non ultimi i cambiamenti climatici stanno provocando una perdita di biodiversità impressionante e senza precedenti negli ultimo 200 anni. Da un lato studieremo i semi al fine di comprendere quale sarà in futuro la reazione delle piante alpine himalayane al riscaldamento climatico, dall’altro si vuole dare a questi semi e ai loro embrioni la possibilità di sopravvivere nel tempo al di fuori dell’ambiente di vita naturale, ex situ, cioè in strutture altamente tecnologiche come le banche dei semi. Ciò permetterà in futuro di avere una scorta di sicurezza per riportare specie in vita, anche dopo la loro estinzione in natura. Inoltre, permetterà un uso più sostenibile della flora spontanea, avviando progetti di coltivazione controllati. Il risultato raggiunto oggi a Kathmandu è il frutto anche del livello scientifico e tecnologico raggiunto dall’Italia nel campo della conservazione della biodiversità, attraverso i semi e le banche del germoplasma. Ciò è stato possibile anche grazie alle conoscenze acquisite in oltre 10 anni di attività dall’Università di Pavia, che ha avuto la possibilità di sviluppare una struttura che oggi fa scuola, la Lombardy Seed Bank, banca del germoplasma voluta e finanziata dal centro per la tutela della Flora Autoctona (CFA), della Regione Lombardia, che fa capo alla Direzione generale Qualità dell’Ambiente e Sistemi Verdi “.
L’accordo per la realizzazione di questo progetto è stato firmato questa mattina, 16 novembre, nella sede del Nast dal vicecancelliere Surendra Raj Kafle e da Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr.
“Nell’anno internazionale della biodiversità – ha commentato Agostino Da Polenza da Kathmandu – sono particolarmente felice di aver sottoscritto questo accordo per la realizzazione, nei laboratori del Nast, della banca dei semi himalayani, la prima banca al mondo dedicata a conservare le specie di queste montagne, oggi minacciate dal cambiamento climatico. Un progetto come questo ha un valore estremamente simbolico, oltre che concreto, per la biodiversità che in Himalaya sarà curata direttamente da noi di Evk2Cnr”.
Il progetto, promosso dal Comitato EvK2Cnr in collaborazione con il Dipartimento di Ecologia del Territorio dell’Università di Pavia, verrà realizzato nei laboratori del Nast nell’ambito del progetto SHARE (Station at High Altitude for Research on the Environment).
“SHARE – spiega Elisa Vuillermoz, coordinatore dei progetti scientifici di EvK2Cnr – il principale progetto di ricerca e monitoraggio climatico-ambientale del Comitato EvK2Cnr, è stato annoverato tra i progetti di riferimento per la Mountain Initive for Climate Change quale fondamentale attività scientifica a supporto dei decisori per la definizione di strategie di adattamento contro l’impatto del cambiamento climatico nelle regioni montane. In questo contesto quindi sarà importante poter mettere a disposizione informazioni sempre più complete che hanno portato alla necessità di promuovere nuove attività di ricerca anche nel settore della biodiversità vegetale. Il progetto dell’Himalyan Seed Bank è un importante risultato non soltanto scientifico, ma anche ai fini del consolidamento delle relazioni con i partner locali grazie al programma di attività di capacity building e trasferimento tecnologico per la formazione dei ricercatori locali”. In questi giorni Da Polenza ha incontrato il ministro dell’ambiente nepalese Madhav Kumar Nepal, che ha lodato l’operato del Comitato EvK2Cnr nell’ambito della ricerca scientifica d’alta quota e sul cambiamento climatico. Il Comitato gestisce da vent’anni, con successo e insieme al Nast, il Laboratorio Osservatorio Internazionale Piramide, che sorge a 5.050 metri sulle pendici dell’Everest.
Il Comitato EvK2Cnr, da vent’anni è leader nella ricerca scientifica d’alta quota, è oggi in prima linea sul fronte dei cambiamenti climatici con Share (Stations at High Altitude for research on Environment), coordinato da Paolo Bonasoni del CNR-ISAC. Si tratta di una rete mondiale di stazioni climatiche e ambientali che opera in collaborazione con Unep, Wmo, Nasa, Esa ed è considerata un punto di riferimento internazionale per la raccolta dati utili allo studio del riscaldamento globale, sulla circolazione degli inquinanti e per la valutazione dei loro effetti sui sistemi glaciali, idrici e biologici. Studi scientifici che producono modelli previsionali e hanno importanti implicazioni nella definizione delle politiche decisionali. Share si avvale dell’expertise di ricercatori italiani e internazionali provenienti da istituti scientifici e università.
La rete Share è già diffusa su 3 continenti – Asia, Africa, Europa – e conta al momento oltre 16 stazioni d’altaquota che forniscono dati climatici in tempo reale in Nepal, Pakistan, Uganda ed Italia. La punta di diamante è la sofisticata stazione NCO-P installata nel 2006 dal Comitato EvK2Cnr a 5.079 metri di quota, nei pressi del Laboratorio Piramide sull’Everest nell’ambito del Progetto ABC di Unep, avviato dal Premio Nobel P. Crutzen e dal Prof. V. Ramanathan, che studia la nube marrone di aerosol inquinanti identificata in Asia, ma riconosciuta oggi come fenomeno globale, che influenza il clima, provocando conseguenti impatti sull’ambente ed un particolare, nella regione asiatica, sulla salute umana e sull’agricoltura. Per questi motivi nei prossimi mesi, la rete Share si allargherà ulteriormente con stazioni in Bolivia, India, Caucaso, Nord Africa e con numerosi siti anche sulla nostra penisola. L’Osservatorio atmosferico Italiano Everest-Pyramid è stato di recente annoverato dal Wmo tra le stazioni globali del programma Global Atmosphere Watch (GAW), divenendo così il 33° punto ‘focale’ di monitoraggio della composizione dell’atmosfera terrestre: il più elevato di questa rete e la prima stazione italiana, seppure al di fuori del territorio nazionale, che ottiene questo prestigioso riconoscimento.