La Masca
La Masca

A jè ‘l mascon!

L’amico Sapio il grigio mi ha raccontato un curioso episodio di cui è stato protagonista quando aveva 10 anni circa. Era d’estate e allora aiutava i famigliari ad  irrigare i campi per poi fare il secondo taglio del fieno. Il padre mandò lui a mettere una storta, così si chiamano le barriere per fermare la roggia in un punto prestabilito per irrigare i campi vicino. Quando arrivò vicino alla roggia vide appoggiato alla barriera che doveva abbassare per fare la temporanea diga una figura bianca che agitava le mani emettendo lugubri lamenti. Il protagonista allora bambino, preso dalla paura torno indietro e andò quasi a sbattere contro uno zio che andava a fare un analogo lavoro in un altro campo su altro ramo della roggia. Molto spaventato lui disse allo zio che aveva visto sulla paratia da abbassare una strana figura bianca che agitava le mani ed emetteva lugubri lamenti: “A jè ‘l mascon!”.  La masca è una strega, mascon, stregone, nel folclore Canavesano e Piemontese. Il lemma pare che sia di origine longobarda per indicare l’anima del morto o dal provenzale mascar, borbottare, nel senso di borbottare incantesimi. Secondo altri studiosi, il termine avrebbe origine spagnola e deriverebbe dal verbo mascar, cioè masticare o discendere dalla parola araba masakha, cioè trasformare in animale. Quest’ultima etimologia potrebbe essere supportata dalla loro capacità di mutarsi in animali. I racconti popolari piemontesi infatti le narrano capaci di trasformarsi in gatti dove essi seguivano gli ignari viandanti per poi scomparire nel nulla. Pensate che una volta gli abitanti di questi luoghi , mettevano di fronte ai casolari un ceppo bruciato nella notte di Natale, per allontanare il temporale, originato dalle masche. Ad Ingria in Val Soana, gli abitanti del paese portavano a benedire in chiesa tutto ciò ritenuto contagiato dalle masche. A Bairo per liberarsi dal maleficio, si mangiava pane benedetto in chiesa nel giorno di San Giorgio. A Vistrorio nella Valle dell’Orco i bambini ritenuti maledetti venivano fatti benedire per tre volte da tre preti differenti e passando, ogni volta, per un corso d’acqua. In un altro luogo la fontana di Nivolet portava sfortuna ai viandanti perché era frequentata dalle masche. A Canischio, nel monte Mares, c’era il ritrovo delle masche. Tra Rivara e Forno, un castagneto era il luogo di convegno di streghe e diavoli. Presso Castelnuovo Nigra, i bricchi di Filia grande e piccola, indicavano i luoghi dove furono condotte al rogo le donne accusate di incantesimi e stregonerie. Lo zio lo rincuorò e gli disse di fare il giro largo prendendo un altro sentiero e se trovava una bicicletta era quella del presunto mascone. Lui fece diligentemente il giro anche se aveva un poco di paura e trovò, come gli aveva detto lo zio la bicicletta e poi ricomparve davanti al mascone che sentendolo si era girato, ed aveva ripreso ad agitare le mani ed a emettere il suo lugubre lamento. Ma ecco che arrivò alle spalle lo zio che con il manico della zappa spinse il presunto mascone nella roggia. Questi riemerse tutto bagnato ed irriso da lui e da suo zio. La morale chi burla, sarà beffato.

Giorgio Cortese
by  Giorgio Cortese
Articolo precedentePomodoro da industria: arriva l’accordo al Centro-Sud
Articolo successivoCOMPLESSO IMMOBILIARE DI MILANO VIA TOLSTOJ