Charity Gala Dinner 2023 della Columbus Citizens Foundation

di Serena Nannelli

Cominciamo col dire che sono una spettatrice professionista, nel senso che recensisco film da molti anni. La vita reale è un’altra cosa, per tornare ad avere l’ingresso in un qualsiasi ambiente è evidente che ci siano impressioni, peccati e peccatori da tacere. Non è solo bieco opportunismo, a volte omettere è una forma di maturità e consapevolezza. Lungi dal promuovere l’omertà, tengo invece bene a mente i famosi tre setacci di Socrate secondo cui prima di diffondere un contenuto sarebbe bene domandarsi se soddisfi il criterio di verità, utilità e bontà. Si capisce che se tutti dovessimo riuscire in tale impresa, il mondo probabilmente sarebbe una landa silenziosa, considerato il rumore bianco di chiacchiericcio malefico che gli fa invece da sfondo perenne.

L’estate sta finendo, sì proprio alla Righeira con la loro canzone d’antan ma tormentone sempreverde. Viverla al Forte (come è abbreviato Forte dei Marmi dai suoi frequentatori) è stato un privilegio particolare quest’anno, perché in epoca di inflazione mostruosa e scontrini virali sicuramente trovarsi qui non è una passeggiata da comuni mortali e fornisce un punto d’osservazione sui “piani alti”. Con quest’ultima espressione in loco si intendono i metri quadri in cui si ritrovano assieme e si danno del tu personalità dell’imprenditoria, della politica, dello spettacolo e dell’informazione. L’impressione che si stia parlando di un piccolo Olimpo diventa ancora più veritiera nel momento in cui si scopre come ai tavoli dei locali più gettonati si osservano sempre le stesse persone. Per chi è tutto sommato soggetto esterno (come chi scrive) è un continuo ‘deja vu’: poche combriccole che si ibridano creando strani agglomerati dal punto di vista sociologico ma anche antropologico. Ogni tanto una guest star, l’influencer bionda, il ministro chiacchierato ecc., a rendere il safari più saporito. Non a caso il Twiga, nuovo ombelico d’Italia, ha una giraffa nel logo, verrebbe da dire.

Una zona diversa dalle altre è quella che si è costruita attorno la famiglia Bocelli. Sicuramente anche ai tavoli e sotto le tende del suo stabilimento balneare, l’Alpemare, alcuni stringono rapporti che solo a un occhio superficiale possono sembrare fortuiti e disinteressati. Però, come ho potuto appurare alla charity night di fine estate dedicata all’italianità che qui ha avuto luogo promossa dalla Columbus Foundation, Veronica Bocelli non è solo la first lady di un artista applaudito in tutto il globo, ma una donna dotata di empatia particolare e che anziché circondarsi giocoforza di una corte di plaudenti wannabe, è stata attenta a selezionare persone in grado di aiutarla in una missione nobile, quella di mettersi al servizio del prossimo.

L’ho vista negli anni spendersi davvero: che fosse preparare in un camerino oggetti personali da mettere all’asta, affiancare il marito nelle interviste, officiare il rituale annuale del concerto al Teatro del Silenzio o introdurre l’intervento della Regina Rania nel salone dei Cinquecento a Firenze, resta sempre la stessa, ossia una donna giovane, pragmatica e con una visione altruistica della vita. Certo, non ho potuto vederla parlare all’Onu, ma quando ho saputo che lo stava facendo la cosa non mi ha sorpresa.

La osservo senza conoscerla a fondo, neanche in occasione di questo che è stato ribattezzato dai giornali “galà per ricconi del dollaro” sono andata oltre i convenevoli. A volte serve mantenere una giusta distanza per cogliere sfumature indicative di genuinità. Ho però interagito con i rappresentanti della Columbus Citizen Foundation, organizzazione no profit con sede a New York che dal 1944 sostiene gli italoamericani, e con alcuni degli ospiti presenti. Ho trovato l’autenticità che latita in molti altri ambienti vip della zona. Quel che ho capito, una volta di più, è che gli ambasciatori di operazioni solidali si trovano probabilmente non tanto all’apice della piramide economica ma a quella della scala dei bisogni di Maslow: avendo soddisfatto ampiamente i bisogni basici, così come quelli secondari, possono coltivarne il più nobile e raro, quello della moralità.

Nella fattispecie ogni anno la Columbus mette in campo più di tre milioni e mezzo di dollari per borse di studio per giovani italoamericani, ma i fondi raccolti durante il summer-party in questione sono stati destinati in parte alla Fondazione Bocelli e in parte a una borsa di studio per la Fellows of Politecnico di Milano messa in piedi da ex studenti del Politecnico e oggi manager nella grande Mela.

Ho provato sollievo scorgendo che oltre la nuvoletta tossica dell’interesse personale che avvolge il pendio fino alla cima del Sistema, esiste una radura in cui la panoramica torna ampia, in cui le persone che hanno avuto tutto in termini materiali hanno anche esperito come le cose importanti nella vita non siano cose e guardano a ritroso lungo la pendice, cercando di creare basi alla salita che siano più sane.

Può darsi sia una favoletta quella che mi racconto, per i più obiettivi (ma anche per gli odiatori di professione) c’è pur sempre una lettura come “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo” della giornalista Nicoletta Dentico.

Di sicuro c’è un vantaggio secondario personale che muove alla (buona) azione: se non economico, anche solo il sentirsi una persona utile. Ma guai a fissare il dito anziché la luna. Esiste davvero in taluni una missione superiore, quella di mettere a frutto il proprio privilegio in termini di condivisione.

Realistico o utopico da credere, tutto quel che è d’ispirazione gentile serve a questo mondo e anche, nel mio piccolo, a dare senso a un’estate spesa a tratti, come visto fare a troppe altre persone, ad affaticarsi alla ricerca di niente.

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