XXV APRILE
Nel commemorare oggi il 25 aprile mi viene in mente il film del 1960, Tutti a casa. di, Luigi Comencini dove si narrano le vicende di un sottufficiale, interpretato da Alberto Sordi, ancora legato alla vecchia mentalità autoritaria e militaresca, il quale dopo l’8 settembre capisce il disfacimento e la caduta della Patria. Significativa la contrapposizione tra la lunga parte del film dedicata al tentativo di Sordi di tornare a casa, di uscire di scena, un ripiegamento nel privato inteso come preoccupazione di salvezza individuale, a prescindere da ogni responsabilità collettiva, e il finale in cui lo stesso protagonista sceglie di partecipare all’insurrezione di Napoli, insegnando agli scugnizzi a usare la mitragliatrice.
Mi sembra che questo film ci spieghi bene i tre momenti che si sono vissuti in quei burrascosi anni. La vecchia idea di nazione che muore; la fase della disgregazione e della ricerca di una salvezza personale, che pure vi fu e coinvolse moltissime persone, ed infine il riemergere delle spinte di solidarietà che hanno creato le premesse di una nuova identità nazionale. Naturalmente non è possibile distinguere schematicamente i tre passaggi; sono fenomeni che si intrecciano, si accavallano, che hanno attraversato le esistenze di migliaia di persone. Ma la ricerca storiografica più attenta ed onesta degli ultimi anni ha cominciato a scavare in questa direzione. Che cosa è, quindi, l’”attendismo”? È sempre e solo indifferenza o c’è anche dell’altro? Bisogna, pertanto, rimettere in discussione la categoria dell’ “attendismo”, che è nata “da sinistra” ma è stata poi ampiamente utilizzata “da destra”. Penso che allo stesso modo dobbiamo superare il concetto che
Come è noto, l’esperienza della Resistenza inteso e come fenomeno armato appartiene esclusivamente al Nord d’Italia, perché solo lì ci sono stati due inverni di occupazione tedesca e le condizioni strutturali e militari affinché questo movimento potesse svilupparsi e consolidarsi. Esiste, dunque, un tessuto di solidarietà nella nostra Patria che prescinde dalla scelta politica ma che rappresenta il presupposto, la condizione per la nascita e la formazione di una nuova identità collettiva. In questo modo si è costituito un circuito radicalmente alternativo alla precedente idea di nazione. E questo è proprio il merito e l’orgoglio della nostra amata Patria. Questa azione di sensibilizzazione, portata avanti, da semplici cittadini e da intere famiglie, soprattutto nei paesi e nelle campagne, non è contro il fascismo o a favore della Resistenza, ma si pone su un piano diverso, introducendo nella vita italiana quegli elementi di identità alternativi all’ideologia fascista. Anche in questo modo, nel momento del crollo della vecchia ideologia, nella cosiddetta “zona grigia” nasce, cresce e si sviluppa il presupposto di un’identità democratica. La democrazia non si fonda sui valori dell’odio verso il nemico, sui principi di un Paese armato che deve affermare la sua potenza nel mondo; essa, al contrario, si basa sul senso della solidarietà fra gli uomini e sul riconoscimento del binomio diritti- doveri come costitutivo della cittadinanza democratica. Il problema, dunque, non è quello di sostituire alla Resistenza armata
I nostri padri si sono caricati la croce della guerra fratricida affinché noi potessimo essere liberi. Oggi il nostro impegno per la pace si fonda su una visione realista e non certo su modelli ideologici che tendono a disconoscere che l’uomo non è buono per natura. I limiti dell’umano ci sono presenti e sappiamo che la violenza alberga in ciascuno di noi e che, molte volte, esplode sul piano personale e collettivo. È partendo da questa considerazione che il nostro proporsi è quello di chi si sente sempre in cammino e impegnato a ricercare un progressivo avvicinarsi a forme e modi relazionali non violenti. È questa missione che, ogni giorno, siamo chiamati a rinnovare dentro di noi, facendoci assumere posizioni scomode e non sempre scontate, questo lo dobbiamo per tutte le persone che sono cadute in quei anni. Grazie allora, a tutte quelle persone, soprattutto sconosciute, che con il loro sacrificio ci permettono di vivere con dignità e in libertà.
Un sentito grazie anche ai militari che sono caduti in questi anni nelle missioni di pace e anche a tutti i civili italiani che prestano la loro opera nelle zone martoriate del pianeta, pagando a volte il prezzo della loro vita, per la loro solidarietà. Grazie perché questo Vostro sacrificio ci rammenta che i caduti che commemoriamo oggi non sono morti invano ma ci hanno trasmesso la tenace pianta della democrazia.
W L’Italia ed evviva
Fonte: Giorgio Cortese