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Uno studio americano traccia l’identikit delle generazioni dell’era di internet, cresciute giocando al computer piuttosto che con i trenini o con le bambole.

 

I giovani  e internet

I motori di ricerca non garantiscono l’attendibilità di un sito e nelle loro ricerche le scelte di solito ricadono sui primi risultati senza alcun criterio di valutazione della bontà del sito e rischiando di fidarsi troppo di tutto ciò che il motore propone.  Un altro fatto piuttosto grave è che troppo spesso si affidano acriticamente ai grandi marchi e a percorsi  di navigazione abituali, rinunciando al piacere scoperta e sopraffatti dalla pigrizia mentale. Ciò che emerge dallo studio pubblicato sulla rivista “International Journal of  Communication” e che ci preoccupa   è la tendenza a non distinguere le pagine consigliate dai link pubblicitari e un interesse sempre più scarso per l’autore. Da ciò deriva un altro fenomeno tipico della “generazione del web”: il copia e incolla senza ritegno, indice di una sorta di inevitabile “plagio”. Insomma tutto quello che risulta pubblicato su internet ha assunto, sostituendolo, il vecchio ruolo delle enciclopedie, senza alcun ordine e distinzione dei contenuti. “In sostanza  –  spiegano i ricercatori – marchi come Google, Yahoo, Bing e Wikipedia sono diventati l’equivalente dei tradizionali custodi del sapere. Gli studenti tendono a fidarsi ciecamente nelle loro capacità di fornire sempre e comunque i contenuti più rilevanti”.

 

Se lo dice Google… 
Secondo lo studio della Northwestern University, più di uno studente su quattro si affida al primo sito che appare nella ricerca e in un sondaggio  gli intervistati hanno dichiarato di considerare  il motore di ricerca come garante della credibilità dei contenuti, indipendentemente dal sito web che li pubblica. La maggior parte, spiegano gli esperti, pensa che basti alzare le mani e dire, con innocenza, “Lo ha detto Google, quindi non solo è vero, ma si può anche copiare”. Ciò tra l’altro dimostra una scarsa  conoscenza dei meccanismi che stanno dietro all’ordine di visualizzazione dei risultati:  questi come ad esempio il page-rank, un algoritmo di Googl, ordinano i siti in base al numero dei loro collegamenti con altri siti, cosa che non garantisce in alcun modo la qualità dei contenuti.

Se l’autore è anonimo

“C’è un altro aspetto che indica la fiducia dei giovani nei motori di ricerca”, spiega Eszter Hargittai, sociologa della Northwestern University: “Il fatto che molti di loro semplicemente non sentano il bisogno di indagare i risultati dal punto di vista di chi li ha scritti”. Dallo studio emerge che solo uno studente su dieci ricerca informazioni sull’autore di uno specifico contenuto, se ad esempio trattasi di un giornalista professionista o un anonimo di dubbia provenienza.   La causa di questo disinteresse, secondo Teresa Fishman, direttore del Centro per l’Integrità Accademica della Clemson University, è il modo stesso in cui i “nati digitali” approcciano al sapere nell’era del web. “Ci troviamo di fronte a una generazione di studenti cresciuti con l’idea di un cyberspazio colmo di informazioni che sembrano non avere un autore. In un quadro del genere  –  sempre secondo la Fishman  –  è comprensibile che i concetti di autorialità e proprietà intellettuale diventino sempre più sfumati”.


 

 

fonte:repubblicabelardelli

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