GLI IRRIPETIBILI ANNI 60
TRA ROMA E MILANO
MUSEO FONDAZIONE ROMA
Dal 10 maggio al 31 luglio 2011
ROMA.Dopo lo straordinario successo della mostra Edward Hopper, prosegue la fortunata partnership culturale tra
La mostra, promossa dalla Fondazione Roma e realizzata in collaborazione con il Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e con
In mostra sono presenti oltre 170 opere di artisti quali Lucio Fontana, Alexander Calder, Gianni Colombo, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Alighiero Boetti, Luciano Fabro, David Hockney, Yves Klein, Franz Kline, Piero Manzoni, Fausto Melotti, Man Ray, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Günther Uecker, Roberto Crippa, Gianni Dova, Arman, Enrico Baj, Lucio del Pezzo, Giulio Paolini, Osvaldo Licini, Giò Pomodoro, Giuseppe Uncini, Franco Angeli, Tano Festa, Valerio Adami, Emilio Tadini, Giuseppe Bertini. Le opere provengono dalla prestigiosa Fondazione Marconi di Milano e da importanti istituzioni tra le quali
Dopo il 1945, con la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia comincia a risvegliarsi dal ventennio fascista. L’intero Paese da una parte continua a patire le conseguenze delle distruzioni causate dalla guerra e dall’altra comincia ad assaporare gli agi del benessere che avrebbero da lì a poco portato al boom economico. Il “miracolo economico” dovuto a questi profondi rivolgimenti vedrà il suo apice proprio tra il 1958 e il
a Milano
L’esposizione è articolata in quattro sezioni che esemplificano i differenti indirizzi assunti dalla ricerca artistica nel corso del decennio: l’azzeramento espressivo della monocromia, l’impiego di oggetti e immagini nella emergente cultura Pop, l’internazionalità e la nuova scultura, la sperimentazione tra materiali, segni e figure.
Sezione 1 – Monocromia e astrazione
La prima sezione della mostra è dedicata al percorso di riduzione espressiva avviato alla fine degli anni Cinquanta, con una particolare attenzione per quelle ricerche che hanno privilegiato la scelta della superficie monocroma, spesso bianca, come nuova tabula rasa per una creatività libera. Figura centrale di questa sezione è Lucio Fontana, che avvia nel suo lavoro, tra il 1958 e il 1959, la serie dei tagli, caratterizzati da rarefazione compositiva e tensione spaziale. Attorno a lui si costituisce una linea che trova tra i suoi principali esponenti, raccolti attorno all’esperienza della rivista/galleria Azimuth/Azimut (grande “vivaio” per la nuova contemporaneità, costituitosi a Milano nel 1959), artisti come Piero Manzoni ed Enrico Castellani, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Paolo Scheggi; una situazione che a Roma dialoga con Francesco Lo Savio e Fabio Mauri. Presenza fondamentale a Milano è quella di Yves Klein che nel 1957 presenta i suoi lavori monocromi alla Galleria Apollinaire, diventando un punto di riferimento centrale per la nuova generazione. Le radici di queste ricerche sono esemplificate in mostra dalla presenza di alcuni maestri della stagione precedente che rivestono fondamentale importanza per le nuove generazioni: da un lato, Franz Kline e Alberto Burri; dall’altro, Alexander Calder, Fausto Melotti, Osvaldo Licini e Pietro Consagra. Tra le più significative presenze di questa sezione: un “Concetto spaziale” di Fontana collocato a soffitto, una sperimentale “Plastica” di Burri, un grande dipinto gestuale di Kline, il Ritratto di Giovanni Carandente di Calder, alcuni “Achrome” realizzati da Manzoni con caolino, tele grinzate e cucite, pietre, e uno speciale allestimento a parete che raccoglie una serie di rarità, tra gioielli d’artista e sculture.
Sezione 2 – Oggetti e immagini Pop
La seconda sezione della mostra è dedicata al dialogo tra il recupero dell’oggetto e dell’icona caratteristico del Nouveau Réalisme e l’emergente cultura della Pop Art. Le sperimentazioni oggettuali del gruppo del Nouveau Réalisme, costituitosi proprio a Milano nel 1960 attorno alla Galleria Apollinaire, sono documentate dai lavori di Mimmo Rotella, Arman, César, Raymond Hains, Jacques Villeglé, Christo, che nel 1970 sono anche protagonisti di una serie di interventi nel contesto urbano della città, in occasione di uno speciale Festival dedicato al primo decennale di questo movimento. La parallela e intrecciata linea d’indagine a Roma, in dialogo con la nascente cultura Pop, è fondata sulla rivisitazione e dissacrazione di materiali e icone della tradizione espressa da Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Cesare Tacchi e Sergio Lombardo. Tra i più singolari prestiti di questa sezione, si segnalano quattro importanti opere di Hockney dei primi anni sessanta, due delle quali provenienti dalla Berardo Collection e dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, una grande scultura composta da barili assemblati e dipinti da Christo, un Omaggio ad Arman di Rotella, alcuni lavori appartenenti allo scintillante ciclo di Schifano Tuttestelle.
Sezione 3 – L’internazionalità e la nuova scultura
Milano assume sempre più il ruolo di “fabbrica” delle nuove immagini in un dialogo serrato con New York ma soprattutto con Londra, presentando nella propria scena artistica di questo decennio protagonisti della Pop Art inglese come Peter Blake, Richard Hamilton, David Hockney, Joe Tilson. Il rinnovato interesse per i grandi maestri del Dadaismo e del Surrealismo, come Marcel Duchamp e Man Ray, presenti a queste date in italia, si traduce anche nella nuova tipologia scultura, nelle centinature di Pino Pascali e nella nuova oggettualità di Christo, e in una eredità performativa in questa occasione esemplificata da Joseph Beuys. Milano è anche luogo di matrici neoindustriali che promuovono la ricerca scientifica in relazione alla cultura metropolitana, muovendosi tra cultura del progetto, design, arti visive e sperimentazione. In questo contesto, le opere del Gruppo T (Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco) esemplificano la cosiddetta “arte programmata” – titolo della mostra di questa tendenza presentata al Negozio Olivetti di Milano nel 1962 da Bruno Munari e Umberto Eco – e l’apertura della ricerca sull’opera a una relazione complessa con l’architettura e la spazialità; peculiarità evidenti nell’opera di Colombo e che si ritrovano anche nel loro “contrappunto” europeo del Gruppo Zero di Düsseldorf, con Günther Uecker. Le opere di Mario Nigro, Dadamaino, Rodolfo Aricò, Arturo Bonfanti, Carlo Ciussi, Emilio Scanavino, Piero Dorazio, Gastone Novelli e Gianfranco Pardi mostrano l’interesse per una ridefinizione della pittura attraverso l’inclusione di determinanti geometriche che ne articolino la dimensionalità, come ad esempio nell’impiego delle shaped canvas (telai sagomati). Tra le opere più importanti di questa sezione, una grande Struttura pulsante in polistirolo di Colombo,
Sezione 4 – Materiali, segni e figure
Una linea più propriamente concettuale e analitica è quella di Vincenzo Agnetti, Gianfranco Baruchello, Emilio Isgrò, Davide Mosconi, Ugo Mulas, Nanni Balestrini: si concentra sulla relazione tra parola, segno e immagine, nella messa in discussione degli statuti stessi della comunicazione visiva. Essa si intreccia alla duplice sperimentazione che caratterizza la seconda metà del decennio: da un lato, la scelta di materiali eterodossi in una nuova chiave concettuale come nelle opere di Alighiero Boetti e Luciano Fabro, che dialogano con la parallela situazione romana espressa da autori come Jannis Kounellis, ed Eliseo Mattiacci; dall’altro, l’adozione di una nuova figurazione, nelle opere di Valerio Adami ed Emilio Tadini che reggono la cultura Pop in una sospensione poetica e narrativa. Tra materiali e figure si muovono le opere di Gianni Dova, Roberto Crippa, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, mentre a procedimenti meccanici di figurazione si richiamano quelle di Bruno Di Bello e Gianni Bertini. Le nuove dimensioni della scultura sono esemplificate dal lavoro di Giuseppe Uncini, Arnaldo e Gio Pomodoro. Sono ricerche che trovano il loro contrappunto internazionale in autori stranieri presenti a Milano in questi stessi anni, come Hsiao Chin, William T. Wiley, Antonio Dias, Peter Caufield, Eduardo Paolozzi, Allen Jones, Louise Nevelson, che confermano la dimensione autenticamente dinamica e internazionale di questo contesto. Riassumono emblematicamente queste diramate direttrici di ricerca la celebre immagine verbovisuale della Volkswagen di Isgrò, la prima “verifica” di Mulas, la fisicità eterodossa di Italia in pelliccia di Fabro, le contaminazioni tra materia e personaggio del “generale” e delle “dame” di Baj, la modernissima figurazione de La camera afona di Tadini.
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