Intervento del Direttore della 68. Mostra
Venezia: NeIl programma di ogni edizione della Mostra non può che scaturire dalla necessità di rispondere, riprendendole e ragionandole, alle questioni sollevate da quella precedente, così come alla realtà di strutture e sovrastrutture.
Quello che conta al cinema è la capacità di rendere conto dei gesti e del movimento degli uomini di un’epoca, capacità che era propria a Rossellini e Ray. Viene il dubbio che a gran parte del cinema d’oggi manchi la loro umanità, nonostante tutti quei film nei quali potremo senza sforzo ritrovare i nostri piccoli problemi e la nostra piccola attualità. A tratti può sembrare che la tradizione del cinema si sia, dopo oltre un secolo, depositata una volta per tutte in strutture riconoscibili e consegnate alla storia del passato prossimo. Ma anche nell’epoca della proliferazione, della riproduzione, l’arte che opera con le tecnologie può farci ritrovare lo stupore della conoscenza sensibile che si trasforma in esperienza autentica invece che restare mera suggestione spettacolare. Basti pensare a come il contatto con le arti installative e multimediali abbia contribuito ad una nuova fase evolutiva del cinema.
Questo sta cambiando il rapporto tra il cinema e gli spettatori, nel modo di produrre e percepire un’opera. Vengono finalmente inventati, forniti nuovi codici capaci di reciproca complicazione, così da arricchire non soltanto la dimensione mimetica ma anche quella poetica e filosofica. E dalla moltiplicazione di questi codici nasce una nuova qualità della rappresentazione. Nuove forme vengono sperimentate, nuovi regimi di sensibilità istituiti. Così che il cinema possa recuperare parte della sua centralità nell’invenzione ed esplorazione delle immagini, facendosi forte delle imprevedibili risorse poetiche di un mondo dove la volgarità è ormai vissuta come una specie di fatalità. Per alcuni di noi (in quel gruppo, ovviamente, mi riconosco) storia personale e storia delle forme e delle epoche del cinema si confondono. Orfani di certezze e verità, il cinema ci ha adottato, offrendoci un riscatto straordinario: il sentimento di poter infine appartenere al mondo (esattamente quello che la comunicazione, nel suo attuale stato di sviluppo massimo, non sa più offrire). Al cinema dovevamo sforzarci, dunque, di dare in cambio qualcosa: nel mio caso, la passione e determinazione “inossidabili” con cui, insieme a una squadra agguerritissima, abbiamo fabbricato, per chi fa il cinema, per chi lo fa circolare, per chi lo va a vedere, anche questa 68° Mostra.
Marco Mueller