L’approccio della Fusai con l’arte è di tipo estremamente istintuale. Non esiste – lo afferma lei stessa – alcuna speculazione di tipo concettuale o filosofico nelle sue opere: al centro dei suoi lavori ci sono i materiali, i loro colori, e la ricerca del “bello”, dell’armonia che – appunto – istintivamente riconosce come tale, e che desidera comunicare. E i materiali di cui parlavamo sono a loro volta legati all’istinto primario per eccellenza dell’essere umano. Ovvero, il cibo.
Sulla tela vengono infatti fissate tramite stratificazioni di resine e quindi composte rappresentazioni di elementi naturali – atmosfera, radici, eclissi, lune – utilizzando non già pigmenti di estrazione naturale, ma le vere e proprie materie prime generalmente utilizzate nelle cucine di ogni parte del mondo.
Soprattutto spezie e sapori: cannella e bacche di goji, fieno greco e chicchi di caffè, semi di papavero e cumino, paprika e pepe; e non solo materiali di origine vegetale, ma anche minerale: vengono utilizzati tutti i colori del sale, da quello dell’himalaya a quello integrale. L’artista ricontestualizza una parte della natura il cui aspetto visivo è abitualmente trascurato, o utilizzato con modalità espressive nel contesto dell’estetica in alta cucina, ma mai unicamente come materia prima per creare arte.
Il percorso di ricerca che ha portato l’artista a questa forma espressiva è legato a un dramma personale: nel 2001 gravi problemi di salute la portano ad interrogarsi più a fondo sul forte legame tra la natura, l’uomo e l’alimentazione. Si avvicina, così, ai rimedi naturali, alla naturopatia e alla macrobiotica, diventandone profonda conoscitrice. Un percorso personale che ha trovato, nel tempo, compimento nella sua arte, vissuta non solo come forma espressiva, ma come parte di un cammino terapeutico, riuscendo a utilizzare il cibo come nutrimento per l’anima attraverso gli occhi; ma anche come forma di glorificazione degli alimenti, dei sapori, dei colori della natura e della natura stessa.