Icona di stile, musica e cultura, Renato Zero è uno dei personaggi più eclettici e straordinari della storia della musica italiana. Nel corso della sua carriera è stato anche attore, ballerino, doppiatore, produttore, showman. Dopo i recenti festeggiamenti per celebrare i 70 (+2) anni e i 55 di carriera con sei concerti al Circo Massimo, l’artista tornerà live a partire dal prossimo 7 marzo con uno show speciale. Zero a Zero – Una sfida in musica, questo il titolo del nuovo tour, vedrà oltre venti imperdibili appuntamenti in dieci città italiane sulle note degli iconici brani che hanno segnato intere generazioni.
Renato non ha certo bisogno di presentazioni, ma 55 anni di carriera sono tanti e ci piace ricordare il suo percorso per le vecchie e soprattutto per le nuove generazioni.
A cura di Franco D’Alessandro
UN ARTISTA ROMANO “DOC”
Renato Zero, pseudonimo di Renato Fiacchini, nasce a Roma centro il 30 settembre 1950 da Ada Pica, infermiera, e Domenico Fiacchini, poliziotto di origine marchigiana. Circondato da una famiglia numerosa e amorevole, Renato cresce in un ambiente sereno, che gli trasmette sani e forti principi. Trascorre la sua infanzia con la famiglia in pieno centro, a due passi da Piazza del Popolo.
«Sono nato in Via Ripetta. Il centro di Roma allora era molto promiscuo. Ci stavano calzolari, ombrellari, bottari – che facevano botti e fiaschi – … e ci stavano le grandi famiglie papaline».
La casa, un alloggio di servizio dato in concessione al papà di Renato in quanto poliziotto, fu venduta e così la famiglia dovette trasferirsi in periferia.
«Abitavamo in un grande condominio di periferia, alla Montagnola, con 163 famiglie di poliziotti. Io uscivo di casa in jeans e camicia, con i trucchi e i costumi in una borsa, e mi cambiavo negli androni. I colleghi di papà mi puntavano. Finivo regolarmente al commissariato di Campo Marzio, dove lui lavorava. Lo apostrofavano: «Non ti vergogni ad avere un figlio così?».
Ma lui non si è vergognato mai. Mi veniva a prendere:
«Renatì, nnamo a casa».
Dopo le medie Renato si iscrive all’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione Roberto Rossellini, che lascia però al terzo anno per dedicarsi completamente alla musica, il canto, la recitazione e il teatro, le sue vere passioni, che lo accompagneranno per il resto della vita. Il padre avrebbe voluto fare il tenore e per questo si esercitava molto in casa. L’amore per la musica il piccolo Renato l’ha presa proprio per via della passione del padre.
LA LUNGA GAVETTA
«I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, mi hanno sempre dato la possibilità di essere me stesso».
A quattordici anni Renato ottiene il suo primo contratto per 500 lire al giorno al Ciak di Roma, ma il suo ingresso ufficiale nel mondo della musica è datato 1967 con un 45 giri prodotto da Gianni Boncompagni, anche autore dei testi con musiche di Jimmy Fontana. L’ingresso nel mondo della musica è complicato, e Renato lo scopre subito. «Sei uno zero»: così gli si rivolgevano quando, truccato e vestito di piume e paillettes, muoveva i primi passi nei locali romani. Una frase ricevuta tante volte, che se intendeva demoralizzare ha invece dato l’ispirazione per un nome d’arte d’eccellenza. Da questo comincia Renato Zero. Questo è stato il suo punto di forza: zero come inizio, zero come partenza per una favola, la sua ma anche quella tanti di noi.
«Se la trasgressione non mi avesse creato problemi, oggi non sarei qui. “Ah, nun me volete proprio? Ah, ce l’avete proprio con le mie piume? E adesso ve faccio vedè io!” E lì ho cominciato ad incazzarmi sul serio, in senso ovviamente artistico».
Renato inizia a frequentare il Piper, la storica cantina romana, inaugurata in Via Tagliamento il 17 febbraio 1965 (con un complesso “rimediato” da Teddy Reno) dove mossero i primi passi altri giovani talenti che hanno fatto la storia musicale italiana: da Patty Pravo alle sorelle Bertè, Lucio Battisti, Le Orme, Rocky Roberts. Al Piper Renato viene notato da Renzo Arbore – che lo recluta fra il pubblico dei programmi “Bandiera gialla” e “Per voi giovani” – e da Don Lurio che lo scrittura tra i collettoni, corpo di ballo di Rita Pavone. Nello stesso periodo registra alcuni caroselli per una nota marca di gelato, insieme ad altre partecipazioni in tv e a teatro, e ottiene piccoli ruoli in alcuni film di Federico Fellini: Satyricon, Roma, Amarcord e Casanova. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 Renato Zero è ancora alla ricerca di un’identità, ma nel frattempo aveva lavorato duramente per mettere a punto il proprio stile, studiando artisti specie stranieri, scrivendo nuove canzoni e sperimentando nuove formule di messinscena.
«Una volta mi ritrovai a portare Federico Fellini in giro per Roma con il sidecar!» spesso Renato Zero ricorda un aneddoto dei tempi in cui usava il sidecar per girare a Roma. «Transitavo per il centro, davanti al bar Rosati in Piazza del Popolo. Lui aveva i giornali sottobraccio, il capello e il paltò: “Mi condurresti?” chiese. Feci un giro della piazza: “Ma il giro è già finito? Mi accompagneresti a Cinecittà?”. Avevo un casco da pompiere e gli occhialoni, sembravo uno sciamano: la gente quindi riconosceva solo lui e diceva “Com’è strano Fellini!”».
L’ESORDIO DISCOGRAFICO E LA CONSACRAZIONE
‘No! Mamma, no!’ segna nel 1973 il suo esordio discografico, ma la consacrazione arriva nei 3 anni successivi.
Nel 1976 la maturità artistica si tramuta in ‘Trapezio’, nuovo album seguito da un tour promozionale. Un anno dopo, invece, tocca al 45 giri Mi vendo/Morire qui, con gli consente di rimanere in classifica per 57 settimane: farà da traino al nuovo disco (e spettacolo) intitolato ‘Zerofobia’.
Gli anni successivi consolideranno carriera e successi: ha scritto oltre 500 canzoni.
Il suo personaggio dapprima trasgressivo, provocatorio ed alternativo, che trucchi e costumi restituiranno solo in parte, negli anni si evolverà sostituendo le paillettes con una gestualità e una mimica che oggi sono il veicolo per esprimere le proprie emozioni, le utopie, i sogni, le speranze, le delusioni, le gioie e le amarezze.
Le sue canzoni racconteranno se stesso come uomo e come artista, l’amore e il sesso in tutte le sue declinazioni e precorreranno i tempi affrontando temi come la pedofilia, l’identità di genere, la droga, l’incomunicabilità, l’omosessualità, l’emarginazione, la violenza e la spiritualità.
Durante la pandemia, in occasione dei suoi 70 anni, Renato regala al pubblico Zerosettanta, un progetto di 3 album.
Nell’aprile 2022 pubblica il primo progetto editoriale-discografico “Atto di fede” e infine a settembre celebra i suoi 70 (+2) anni a Roma con sei concerti a cui partecipano ben 100mila “sorcini”. Una definizione dei fan che ha sostituito l’iniziale “zerofolli”. Il termine nacque a Viareggio nei primi anni ’80, quando osservando i suoi ammiratori che lo attorniavano coi motorini, esclamò: «Sembrano tanti sorcini». Inconsciamente, con quella frase spontanea, Zero aveva aperto la strada alla leggenda del “Re del sorcini”.
LA VITA PRIVATA
Renato Zero è sempre stato piuttosto riservato sulla sua vita privata. È noto però che il suo grande amore è stata Lucy Morante, conosciuta negli anni Settanta e all’epoca sua manager, e che da giovane è stato legato alla conduttrice Enrica Bonaccorti. Nel 2003 l’artista ha adottato un figlio, Roberto Fiacchini Anselmi, che l’ha reso nonno.
«La speranza, quella che ho tanto cantato, è la migliore medicina per vivere», con queste sagge parole Renato aveva salutato in tv il pubblico di “Che Tempo Che Fa” dopo l’intervista di Fazio su Rai3, lo scorso 19 febbraio.
Tratto da
24orenews.it Magazine Marzo 2023