Aldo Cazzullo ph credits Giulia Natalia Comito

Aldo Cazzullo (Alba 1966) da 35 anni racconta i principali eventi italiani e internazionali, prima sulla “Stampa” poi sul “Corriere della Sera”, di cui è vicedirettore ad personam e responsabile della pagina delle Lettere.
Ha pubblicato trenta libri sulla storia e l’identità italiana, vendendo un milione e mezzo di copie. Conduce su La7 “Una giornata particolare”.
Lo abbiamo intervistato qualche giorno fa a Milano, nella libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele, durante la presentazione di “Quando eravamo i padroni del mondo. Roma: l’impero infinito”, il suo primo libro pubblicato da HarperCollins. Ecco che cosa ci ha detto.

Aldo Cazzullo, grande giornalista e scrittore: come tutto è cominciato? Passione, determinazione e… anche il caso ci ha messo lo zampino?
Beh, la fortuna ha sempre il suo ruolo; ho cominciato a fare il giornalista negli anni Ottanta, quando i giornali assumevano più facilmente che adesso. Però anche la determinazione è stata importante.

Una lunga e brillante carriera. Ha sempre amato scrivere o ci sono stati altri mestieri nel corso degli anni?
No, il mio principale mestiere è sempre stato e sempre sarà scrivere. Certo, bisogna anche stare in televisione, sui giornali, in libreria, in rete. Ormai il giornalismo ha molte sfaccettature.

Lei ha lavorato per La Stampa e oggi per Il Corriere della Sera, due prestigiosi quotidiani dove certo ha potuto incontrare colleghi e direttori importanti. Ritiene di aver fatto sue alcune peculiarità di alcuni compagni di viaggio?
Questo è un mestiere che si ruba. Io ho cercato di guardare molto ai colleghi e a come si muovevano sui servizi, ho imparato molto da Vittorio Zucconi, da Gian Antonio Stella, da Federico Rampini e anche dai cronisti, magari meno noti, che ho incontrato nei processi, all’estero, sui grossi fatti. La morte di Lady Diana, la bomba alla stazione di Atocha a Madrid nel 2004, il G8 di Genova, la vittoria di Trump nel 2016… Mi è capitato di trovarmi su servizi importanti e ho sempre cercato di imparare qualcosa da qualcuno, dai colleghi più anziani ma anche da quelli più giovani.

Siamo indiscreti… In queste interviste con personaggi al top, di tutto il mondo, ricorda qualche aneddoto che può raccontare ai nostri lettori?
Mi hanno segnato molto le interviste a due tennisti che stimo moltissimo, Rafael Nadal e Novak Djokovic. Mi ha colpito di Nadal che mangiasse come un lupo, cosa che me lo ha reso ancora più simpatico, e di Djokovic il fatto che parli tutte le lingue, italiano, inglese, francese, spagnolo, un po’ di arabo, un po’ di cinese. È un uomo di un’intelligenza superiore. Del resto, il tennis è un gioco della mente, è un incrocio tra gli scacchi e il pugilato, è un combattimento che avviene senza sfiorarsi. Djokovic e Nadal sono sicuramente due tra le persone più intelligenti che io abbia conosciuto in vita mia. Poi ho un bellissimo ricordo anche di Steven Spielberg, è un uomo attento agli altri, che sa ascoltare. Invece mi ha un po’ deluso Bill Gates, perché ha parlato quasi sempre di soldi. È un businessman in fondo. Keith Richards non mi è piaciuto molto perché sembrava un satanista, voleva fare l’artista maledetto ma mi ricevette nella suite di un grande albergo del sedicesimo arrondissement di Parigi, che è la parte più borghese della città! Mi ha molto affascinato Mario Vargas Llosa, che oltre ad essere un grande scrittore è anche un gentiluomo.

Lei apprezza la musica che spesso ascoltano i più giovani, non è un mistero il suo apprezzamento per Achille Lauro. Come mai? Vuole restare giovane?
A dire il vero, pur avendo intervistato Achille Lauro – l’ho trovato simpatico e un artista interessante – la musica che ascolto è un’altra: ascolto i cantautori, De Gregori, Vecchioni, Venditti, Guccini, Battiato, Lucio Dalla. Averli intervistati ed essere diventato amico di alcuni di loro (in particolare ero molto amico di Lucio Dalla) è una delle più belle soddisfazioni della mia vita professionale e non solo.

A questo proposito è stato il primo ad intervistare Fedez all’uscita del suo recentissimo ricovero… Fedez le ha parlato di cose importanti come la depressione e i problemi mentali dei giovani, cosa ha pensato nel raccogliere quell’intervista?
Fedez mi ha parlato non solo della sua salute fisica ma anche della sua salute mentale, dei problemi di depressione in seguito alla malattia. È stata una cosa che mi ha segnato molto. Mi è capitato di raccogliere da Vialli la notizia della sua malattia, e anche da Michela Murgia: confrontarsi con persone malate è dura, ci si commuove, si cerca di farli parlare ma anche di metterli il più a proprio agio possibile. Fedez per fortuna sta bene adesso, sta lottando. È una voce della sua generazione. A 33 anni ha già fatto così tanto: ha già avuto successo, si è sposato, ha due figli, ha avuto una malattia terribile. È stato interessante poterlo conoscere e siamo anche rimasti in contatto.

Lei qualche anno fa ha fatto una cosa abbastanza rara per il suo mondo, ha scritto un libro con i suoi figli “Metti via quel cellulare”. Questa tecnologia sempre più avanzata che ha travolto il mondo giovanile la ritiene sana e utile per il loro sviluppo? E questo uso a volte smodato dei social… si può renderlo migliore?
Ho un bel ricordo di quel libro, non solo perché ha venduto più di 100.000 copie ma anche perché è stata un’occasione di confronto con i miei figli, Francesco e Rossana, che mi hanno detto: “Papà, tu sei l’ultima persona che può parlare, sei sempre chino sul cellulare”. Siamo arrivati a questa conclusione: ormai non si può più fare a meno dei cellulari, ma dobbiamo essere noi padroni del cellulare e non viceversa, altrimenti avrebbe ragione Altan quando dice “è record, ogni cellulare possiede un italiano”. Quanto ai social, il linguaggio violento e offensivo è davvero insopportabile. Bisognerebbe fare una regola, nessuno può aprire un account fake o con pseudonimo. Se vuoi stare sui social, devi starci con la tua faccia e con il tuo nome. Se si compra qualcosa con la carta di credito bisogna dare il proprio nome, giusto? Lo stesso vale per i social. Altrimenti è troppo facile insultare dietro il nome di un altro o dietro un nome falso.

Cazzullo cover libroHa scritto più di 20 libri raggiungendo tirature molto importanti. Ci racconta come è nato questo “Quando eravamo i padroni del mondo” che, pur essendo un libro di storia, si avvia ad avere lo stesso successo dei precedenti.
Io impiego cinque o sei mesi a scrivere un libro, ma in realtà i libri durano anni, il lavoro che si fa a un libro dura da tutta la vita: “Quando eravamo i padroni del mondo” è nato al liceo, in fondo, quando mi sono confrontato con la cultura latina. Avevamo un’insegnante che ci dava Virgilio e Seneca a memoria, ci ha fatto molto amare la cultura latina. Io nel libro ho tentato di ricostruire l’identità italiana, e tutto comincia da Roma, quindi dovevo assolutamente confrontarmi con la Roma antica.

In questo libro traccia dei parallelismi tra Milano e Roma imperiale e sembrano dichiarazioni d’amore nei confronti di queste città… È così o è solo una nostra impressione?
Io mi sono trasferito a Roma il primo dicembre 1998, anche se Roma è più una base per me che non un posto dove vivo 365 giorni l’anno. Vado molto di frequente a Milano. Amo entrambe le città, le ho viste cambiare in questi anni; alla fine degli anni Novanta si parlava del modello Roma, l’auditorium, i nuovi musei, mentre si diceva che all’Italia manca Milano. Adesso invece si parla molto bene di Milano e molto male di Roma. Come sempre la verità sta nel mezzo, sono due città diverse, Roma è molto più grande, Milano però ha un hinterland che Roma non ha: forse Milano è meglio per lavorare e Roma per vivere? Però si lavora anche bene a Roma e si vive bene anche a Milano. Sono le due grandi città italiane. Anche se io mi sono formato a Torino, città che amo molto, che trovo bellissima ma che adesso è un po’ in difficoltà. E poi il paese da cui vengo è Alba: i miei genitori vivono là, io sono un provinciale.

Lei da molti anni vive a Roma: come convive con i disagi perenni della Capitale?
Per quanto riguarda i problemi di Roma, quello principale è il traffico, come diceva Johnny Stecchino di Palermo [ride]. Io lo risolvo muovendomi in scooter. Certo, se ogni tanto si trovasse qualche taxi non sarebbe male!

Ha intervistato grandi chef, grandi sportivi, ma quali sono i suoi rapporti con il mondo dello sport, è un praticante? E nella sua quotidianità c’è spazio per un buon rapporto con il cibo e la cucina?
Ho seguito tutti i mondiali di calcio da Giappone Corea 2002 in avanti, compresa la vittoria dell’Italia nel 2006 in Germania. Ho seguito le Olimpiadi di Atene, Pechino, Londra, Rio, oltre alle Olimpiadi invernali di Torino e conto di andare a Parigi nel 2024. Io adoro le grandi manifestazioni sportive. Lo sport è il grande romanzo popolare italiano. Lo sport è l’epica contemporanea. Per quanto riguarda il cibo lo adoro, mi piace moltissimo, anche troppo – infatti devo sempre lottare con il peso, mi piace troppo mangiare. Tra gli chef ho intervistato Cracco, Cannavacciuolo, Alain Ducasse negli anni Novanta a Parigi, molto tempo fa. Ho intervistato Bottura, Pierangelini, di alcuni sono anche diventato amico. Sono personaggi molto interessanti.

Un suggerimento ai giovani che intendono oggi iniziare una carriera giornalistica.
Il giornalismo è un mestiere bellissimo, anche perché coincide con la vita. Mi fa piacere che ci siano molti giovani che vogliono fare i giornalisti e penso che ci sia molto bisogno di loro. Non hanno bisogno dei miei consigli – tenete conto che ognuno ha il proprio talento e bisogna capire qual è. C’è chi ha il talento per la scrittura, chi per fare i video, chi per fare i titoli, pensare un giornale o un sito. Un’altra cosa molto importante è anche indicizzare gli articoli in modo che i propri siano cliccati più di quelli dei concorrenti.

Un sogno dal suo cassetto…
Un mio sogno nel cassetto è quello di poter continuare a viaggiare. È molto importante nel giornalismo viaggiare, non basta fare tutto dietro al computer: bisogna andare sul posto, parlare con la gente, vivere le vite degli altri.

Testata 24oreNEWS

Pubblicato su 24orenews Magazine Novembre 2023

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