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Londra dice sì alla carne clonata
Il caso è scoppiato in Inghilterra e, c’era da aspettarselo, in poche ore ha investito l’Europa. La Food Standards Agency (Fsa) – ente che controlla gli standard degli alimenti in circolazione sul mercato britannico – costretta a fare analisi e controanalisi per verificare la qualità di carne e latte prodotti da animali clonati, ha sentenziato che non c’è alcuna differenza tra il cibo che deriva dal bestiame “ordinario” e quello che proviene da bovini manipolati geneticamente. Un’affermazione perentoria che, in Gran Bretagna, apre la strada alla commercializzazione di latte e carne clonati ma che, via via, potrebbe sfondare la moratoria della Commissione europea: la Ue proibisce per i prossimi cinque anni la vendita a scopo alimentare di carne e latte ottenuti con la clonazione. Permette il procedimento solo per la ricerca o per la produzione di farmaci. O per salvare razze in via d’estinzione. Ma se le conclusioni dell’ente governativo inglese facessero breccia, anche in Italia sarebbe lecita la vendita di burro, latte e fiorentine “ritoccate”. Andrew Wadge, ricercatore a capo della Food Standards Agency, ha dichiarato che i risultati della ricerca non lasciano dubbi: gli alimenti prodotti da animali clonati “non hanno evidenziato elementi di preoccupazione” per eventuali “allergie, intossicazioni e altri effetti collaterali”. Non solo. Wadge ha confermato che “carne e latte che provengono da bovini dal dna modificato e dalla loro progenie non mostra differenze sostanziali dalla carne e dal latte prodotta in modo convenzionale”. In genere valutazioni tanto positive da parte del Comitato consultivo della Fsa sono il preludio della concessione di licenze di vendita. Che, va detto, in Inghilterra, era già partita prima ancora dei riscontri dell’organismo indipendente. Ecco perché, si diceva, la Fsa è stata “costretta” ad analisi e contro- analisi: quest’estate due aziende agricole vicino Birmingham avevano ammesso di aver allevato (e venduto) animali discendenti da embrioni clonati. In quali mercati e supermercati erano finiti gli avi macellati e i latticini derivati? Nonostante il parere dell’ente di controllo inglese e quello della Food and Drug Administration che, in America, nel 2007 aveva dichiarato che “il consumo di carne di maiale, capre e pecore clonate non costituisce un rischio alimentare” sono molti i detrattori del cibo derivato da animali geneticamente manipolati. I cultori del cibo naturale e tradizionale soprattutto che, però, sostiene Agostino Macri dell’associazione nazionale consumatori: “probabilmente non sanno che carne e latte pronti oggi sulle nostre tavole hanno ben poco di naturale”. E poi aggiunge: “Nei nostri allevamenti funziona un processo di selezione spinto. Dal seme di una decina di tori sono nati milioni di vacche grazie alla fecondazione artificiale. Il liquido seminale degli esemplari considerati più idonei, morti anche decine di anni fa, viene ancora oggi distribuito in tutto il mondo per continuare a fecondare”.
mucche clonate
 
Le tappe
1997 – La pecora Dolly è il primo mammifero ad essere clonato da una cellula adulta. Gli scienziati l’hanno fatta nascere nei laboratori del Roslin Institute di Edimburgo. Il nome dell’ovino è un omaggio alla prosperosa attrice Dolly Parton. Muore dopo sette anni, nel 2003. 2007 Il via libera negli Usa: la Food and Drug Administration (FDA) dichiara che il consumo di carne e latte di animali clonati, pecore a parte, non comporta alcun rischio per la salute umana. Questi prodotti possono quindi essere venduti senza che sulle etichette sia indicato da dove provengano. 2010 – Lo stop dell’Europa. Nell’ottobre di quest’anno la Commissione europea – propone di sospendere per cinque anni la clonazione animale a fini alimentari, così come l’utilizzo di animali clonati e la commercializzazione di cibi provenienti da cloni.
 

Fonte:UffStampASA.E.E.

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