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Obesità e Psicologia: precisazioni IMPORTANTI!

Ho deciso di approfondire il discorso su obesità e psicologia. Prima di tutto, lungi da me l’idea (stupida) che la persona obesa abbia sempre e comunque una personalità debole, fragile e problematica. Se nel mio precedente articolo ho descritto tre casi di un certo tipo, è solo perché avevo mal interpretato il senso della frase di Paolo De andreis, credendo che lui si riferisse a quella nicchia di individui problematici nei quali l’obesità diventa una “parte integrante” della personalità. Ovvio che ci sono varie tipologie di persone in sovrappeso. Come giustamente precisa Paolo De Andreis esiste anche “[…] l’obeso che ha una vita sentimentale, sessuale e professionale soddisfacente, una persona che non si lamenta delle discriminazioni subite da bambino o da adolescente […]“.Per il resto, continuo a pensare che quel 50% di persone – sempre per citare Paolo – “che hanno cambiato stile di vita, hanno seguito una dieta e si sono ritrovate poi uno o due anni dopo con i chili che avevano perso”, in realtà non sono state costanti nel tempo. Tranne eccezioni (ipometabolismo conclamato, alterazioni ormonali patologiche, assunzione di determinati tipi di farmaci, eccetera), chi DECIDE di cambiare stile di vita ed è costante nel tempo, prima o poi viene SEMPRE ricompensato! Come mai il problema dell’obesità aumenta drasticamente nelle “società del benessere”? Perché si mangia di più e ci si muove di meno. Semplice! Sarà una mia “deformazione mentale”, ma NON mi piace complicare più di tanto le cose… L’obesità, nella maggior parte dei casi, è una scelta!   Sicuramente, qualche chilettino di troppo non ha mai ammazzato nessuno e io sono il primo a dire che è “superfluo” avere un certo tipo di fisico solo per una questione di tipo estetico.  A questo proposito, ricordo un mio ex collega di lavoro di parecchi anni fa: grande buongustaio e amante dei vini e delle birre pregiate. Non che mangiasse chissà quanto, però il suo non fare sport unito a quelle 1-2 cene a settimana gli avevano fatto accumulare 5-6 chiletti di troppo nel corso degli anni. Le sue analisi non erano proprio perfette, ma neanche malvagie. Insomma: tutto sommato stava bene, sicuramente molto meglio di tanti magri stressati dal lavoro, dal fumo e da 1000 altre cose. Siccome sapeva del mio interesse per lo sport e la forma fisica, mi chiedeva continuamente consigli perché si vedeva male allo specchio. Ricordo che un periodo era quasi riuscito a perdere tutta la pancetta, però lo vedevo sofferente… In pratica, aveva smesso di frequentare le sue compagnie di buongustai ed evitava del tutto di bere, perché mi diceva che per lui bere un sorsetto non aveva senso: “E’ come rivederti con la tua ex che ami ancora moltissimo, sedere allo stesso tavolo, ma non poterla baciare! E’ una tortura, meglio l’astinenza totale!!”  Alle volte c’erano dei periodi in cui non resisteva: andava a cena fuori con le sue vecchie compagnie e poi, il giorno dopo, si “autopuniva” digiunando e andando a correre fino allo stremo delle forze. Alla fine, fui io a dirgli di lasciar perdere. Non aveva senso portare avanti uno stile di vita simile. Era poco sostenibile.  Io penso che nella vita di tutti noi esista una bilancia del piacere e del dolore. Nel suo caso l’ago aveva iniziato a pendere pericolosamente verso il dolore…e il gioco non valeva più la candela: una linea perfetta non valeva la rinuncia a una parte di cose che lui riteveva davvero preziose nell’ambito della sua esistenza.Non sto dicendo che lui abbia fatto bene a riniziare il suo vecchio stile di vita, né sto dicendo che abbia fatto male. In casi come questi assolutizzare ha poco senso. Dico solo che, in quel preciso momento della sua vita, per lui non era sostenibile un certo regime…considerando che la sua salute non era a rischio… Poi un domani, se inizierà a trarre piacere da altre fonti, allora forse potrebbe cambiare anche stile di vita. Ma questo potrà deciderlo esclusivamente LUI e non qualcun altro al posto suo…

Fonte:UffStamp.Mark Cannelli

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