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Lettere d’amore tra l’Islam e Genova

 

“Genova nel Medioevo – una capitale del Mediterraneo al tempo degli Embriaci” dal 19 marzo al 26 giugno

 

Artisti sulle vie del Giubileo: Il Santo Graal

 

15 Marzo 2016

 

di RED-CENTRALE

 

in Arte & Mostre

 

Artisti sulle vie del Giubileo: Il Santo Graal

Da secoli la ricerca del Santo Graal continua ad appassionare gli uomini. Tra storia e leggenda, il mistero del Santo Calice, in cui Gesù di Nazareth avrebbe bevuto durante l’ultima cena, non è ancora stato risolto dagli studiosi. Ma tutti gli indizi da noi raccolti portano a Genova…

Santo Graal Giubileo

Durante l’ultima cena Gesù prese il pane e lo spezzò, lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. Poi prese il Calice e disse: “Bevetene tutti, perchè questo è il mio sangue della nuova alleanza, versato per molti , in remissione dei peccati”.

 In esclusiva per la nostra rubrica culturale “Artisti sulle vie del Giubileo, in collaborazione con la rivista “INARTE” e l’Associazione Culturale Flangini, pubblichiamo il colloquio da noi avuto con il Prof. Adelmo Taddei, studioso del Sacro Catino e conservatore del Museo di San Agostino a Genova. Che sia davvero il Sacro GRAAL quello custodito nei sotterranei della Cattedrale di San Lorenzo, portato dai Genovesi durante il tempo delle Crociate?.

Alla più sacra delle reliquie cristiane sono stati attribuiti poteri magici e ultraterreni, nonchè la forza di arrecare pace e prosperità al mondo, immortalità e forza a chi la possiede. Secondo la tradizione, Il tesoro, conservato e venerato in città fin dal medioevo, avrebbe per secoli generato ricchezza e potere in terra e in mare.

Siamo andati a Genova per incontrare il Prof. Adelmo Taddei, studioso del Sacro Catino e conservatore del Museo di San Agostino, dove a giorni in esclusiva mondiale sarà esposto il tesoro nell’ambito della mostra” Genova nel Medioevo – una capitale del Mediterraneo al tempo degli Embriaci”. E’ stata un’ occasione unica, per approfondire l’affascinante storia di questa straordinaria reliquia, che rimanda alla nostra fede più profonda.

Prof. Taddei, può raccontare ai nostri lettori la storia del Sacro Catino ?

“Nel corso delle spedizioni inerenti la Prima Crociata (1099 d.c.), un ruolo importantissimo  ebbero i Genovesi e in particolare Gugliemo Embriaco, detto “Testa di Maglio”, probabilmente per il suo carattere piuttosto irruento. La conquista di Gerusalemme si deve al suo ingegno: arrivò in Terra Santa con navi genovesi, si rese conto della situazione di stallo in cui si trovavano le truppe crociate che assediavano la città e decise di smontare le navi. Con il legname ricavato costruì torri d’assedio più alte delle mura di Gerusalemme. Grazie a questo stratagemma i crociati furono in grado di espugnarla. In ricordo e riconoscenza, Baldovino, fratello di Goffredo di Buglione e primo re eletto della città, fece scrivere sopra la porta del Santo Sepolcro: “Praepotens Genuensium Praesidium”, per ricordare ed esaltare la straordinaria impresa dei Genovesi. Nel 1101, sempre nell’ambito della conquista del litorale di Terra Santa, Gugliemo Embriaco con i suoi uomini partecipò alla conquista di Cesarea. Vinsero la battaglia e come bottino di guerra decisero di portare a Genova il “Sacro Catino”, perchè si reputava che quello splendido bacino esagonale verde, ritenuto intagliato in un unico pezzo di smeraldo, fosse quello usato da Gesu di Nazareth durante l’Ultima Cena ed avesse poteri soprannaturali. A questa tradizione si aggiunse anche la leggenda che tramanda che Nicodemo d’Arimatea l’avesse usato per raccogliere il sangue fuoriuscito dal costato di Cristo dopo la crocifissione e pertanto assumeva un’ulteriore, straordinaria importanza per la fede cristiana. I genovesi lo portarono in patria come trofeo e appena il “Sacro Catino” arrivò a Genova acquistò una fama immensa, non solo in città ma in tutta l’Europa. Fu oggetto di grande devozione e venne riprodotto in una formella presente nel basamento sinistro del portale centrale della Cattedrale del Duomo di San Lorenzo, agli inizi del 1200. Custodito con venerazione per secoli in città, la leggenda tramanda che il contatto con il sangue di Gesù, gli avrebbe trasmesso dei grandi poteri e che pertanto era in grado di dare ricchezza e forza ai Genovesi, che attraverso numerose ed epiche spedizioni assunsero la reputazione e l’onore di essere “Invincibili” dal Tirreno al Mar Nero e ai mari del Nord. Per impedire furti, fu mostrato poche volte e con cautela, ma durante il periodo francese, nel 1806, Napoleone decise di sottrarlo ai Genovesi e di portarlo a Parigi, depositandolo presso la Biblioteca Imperiale. In Francia venne sottoposto ad analisi che provarono definitivamente ciò di cui si dubitava da tempo: il bacino non era di smeraldo, ma di vetro. Dalla Francia, alla caduta del regime napoleonico, tornò in città nel 1816 purtroppo frantumato in 10 pezzi. Nella ricostruzione si vide che mancava un pezzo e ancora oggi non si è riusciti a scoprire dov’è, qualora ancora esista. Venne restaurato nel 1827, ai primi del ‘900 e, nel 1951, da parte dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Ulteriori studi hanno dimostrato che il bacino è un pregiatissimo vetro verde di manifattura islamica, databile fra IX e X secolo.

 La reliquia è oggi custodita e visitabile presso il Museo del Tesoro di Genova e sarà esposta dal 19 marzo al 26 giugno al Museo di Sant’Agostino nell’ambito della mostra” Genova nel Medioevo – una capitale del Mediterraneo al tempo degli Embriaci”. E’ un oggetto che – al di là della sua storia, ben differente dalla tradizione – commuove, perché ha comunque una grandissima valenza di fede e riporta a due fondamentali episodi della nostra storia cristiana: L’Eucaristia  e la Crocifissione. In questi tempi così inquinati, abbiamo bisogno di commuoverci. Così come nel passato i fedeli di tutte le religioni avevano bisogno di provare delle emozioni che portassero al pensiero di cose “Più Alte”, il “Sacro Catino” ancora oggi è in grado di stimolarci a pensieri più profondi di quelli cui siamo costretti dalla nostra quotidianità”.

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