Coronavirus politica economica
Coronavirus Politica Economica


A cura di Marco Piersimoni – Senior Portfolio Manager di Pictet Asset Management 

Con la diffusione a livello globale dell’epidemia di COVID-19, nelle ultime settimane stiamo vivendo un contesto di mercato estremamente fluido, con bruschi movimenti anche all’interno delle singole sedute: durante la settimana del 24-28 febbraio la volatilità infragiornaliera è stata paragonabile quella registrata dopo il crac di Lehman. Fluido è anche il flusso di notizie: ad arricchire lo scenario negli ultimi giorni si èattivata la macchina della politica economica, sia monetaria che fiscale. I Governatori delle banche centrali e Ministri delle Finanze dei Paesi del G7 hanno affermato un’unità di intenti nell’adozione di tutte le contromisure necessarie per sostenere l’economia globale.

Nel comunicato del G7 è stata inoltre richiamata dopo tanto tempo quella cooperazione internazionale, tanto trascurata nel marasma delle tensioni commerciali degli ultimi anni, che al meeting del G20 di Toronto nell’aprile del 2009 era stata capace di risollevare le speranze dei mercati circa la possibilità che il peggio fosse alle spalle. A questa dichiarazione di intenti hanno fatto subito seguito i fatti, anche sorprendentemente per la tempistica. Adottando una misura d’emergenza, la Fed ha anticipato il meeting previsto tra due settimane e ha deciso di tagliare i tassi di riferimento di 50 punti base. Una mossa che ha avuto l’effetto indesiderato di spaventare i mercati: il timore è che tutta questa tempestività si giustifichi con un’interpretazione a tinte fosche dello scenario macroeconomico da parte della Fed, se non con il fatto che la Fed stessa abbia addirittura a disposizione informazioni molto più preoccupanti di quelle pubblicamente disponibili.

Il sentiero di stimolo monetario atteso dagli operatori di mercato prevede altri 3 tagli dei tassi nel 2020 (pari a 75 punti base). Tagli che, sulla base del comportamento della Fed nel corso degli altri cicli di allentamento monetario (in media pari a 550 punti base), potrebbero essere accompagnati da una nuova fase di quantitative easing. Appare evidente, in ogni caso, che alla banca centrale americana non manca spazio di manovra. Al contrario, la BCE sembra avere le mani legate. Con i tassi già abbondantemente sotto zero (con tutti gli effetti negativi per il sistema che ne conseguono) e gli ostacoli politici a un nuovo QE creati dal meccanismo della capital key, le munizioni rimaste a disposizione paiono limitate. L’opzione più facilmente percorribile è ad oggi quella di una riattivazione del programma di TLTRO, magari mirato per piccole e medie imprese. Più azzardato sarebbe un eventuale programma di acquisto di obbligazioni bancarie, per le quali sorgerebbe un conflitto di interessi non banale, essendo la BCE l’istituto di vigilanza di ultima istanza per il sistema bancario della regione. Paradossalmente, l’acquisto di azioni delle società dell’eurozona sembra essere più plausibile nel caso di un aggravamento della situazione. Sul fronte della politica fiscale, il primo intervento, in ordine di tempo, è stato quello del Fondo Monetario Internazionale, disponibile ad aprire linee di credito per 50 miliardi di dollari per i Paesi colpiti dall’epidemia di Coronavirus, utilizzabile soprattutto dai Paesi emergenti. Negli Stati Uniti, la Camera dei Deputati, controllata dai Democratici, ha approvato un piano straordinario di spesa pari a $ 7,8 miliardi, per far fronte all’emergenza generata dal COVID-19; il Senato, controllato invece dai Repubblicani, non avrà problemi a ratificare questa spesa.

In sintesi, la politica economica sta lanciando i primi segnali di reazione al rallentamento economico causato dalla crisi sanitaria mondiale, e lo fa in modo concertato e coordinato a livello globale. Lo scenario di rischio principale è avere una diffusione molto rapida dell’epidemia negli USA: eventuali limitazioni all’attività economica che implichino un rallentamento dei consumi in USA farebbe precipitare ulteriormente la situazione.

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