Il mito di Roma la festa dei Parilla.
Il mito della fondazione di Roma che viene indicato nel 21 aprile è complesso con una stratificazione di storie. Alla fine del II millenio a.C. i colli di Roma erano abitati da trenta popoli latini, insediati in villaggi e facenti capo ad Alba Longa. Il sito originario di Roma era un piccolo guadi del Tevere poco più a nord dell’isola Tiberina ai piedi dell’Aventino. Di qui passava la via del sale, via Salaria, elemento essenziale dell’alimentazione e della conservazione dei cibi, conteso fra i popoli italici. In quella area esisteva un piccolo centro latino Septimontiun, cioè “cime divise”, articolato clan si tipo tribale che si riunivano in assemblea pur in assenza di un centro urbano unitario. Sul Palatino, secondo la leggenda si trovavano i re discendenti da Marte, Pico, il picchio, Fauno, il lupo e Latino, associato ad una scrofa madre di trenta maialini, ciò i trenta popoli del Lazio. La mitica dinastia dei Silvi. Silvani, si conclude con i fratelli Amulio e Numitore. La figlia di Numitore, Rea Silvia, è posta come vestale, vergine, a costudire il fuoco sacro. Ma viene messa incinta da Marte e cosi nascono i due gemelli Romo o Remo, il maggiore e il secondo Romolo. Entrambi i nomi derivano da Rumon, nome etrusco del Tevere. In molti miti indoeuropei una colpa provoca l’espulsione dalla Comunità di origine e la migrazione sotto l’egida di un nume tutelare. Rea Silvia, viene sepolta viva ed i gemelli gettati nel Tevere in piena, ma quando le acque si ritirano la cesta con i gemelli approda ai piedi del Palatino sotto un albero di fico. Allattati da una lupa nella grotta del Lupercale sono raccolti dal porcaro Faustolo e da sua moglie Acca Larenzia, che li allevano nella loro umile capanna. Come si vede sono dei miti prodotti dal mondo dei contadini e pastori sono successivamente offuscati dal mito epico di Virgilio di stampo omerico con gli eroi Troiani Enea ed Ascanio o Iulio mitico progenitore della famiglia Giulia, elementi introdotti nel VI secolo a.C. per nobilitare il passato di Roma che allora iniziava ad essere una potenza visto che il mito agreste non era troppo nobile. Tornando ai gemelli Romolo e Remo, appresa la verità sulle loro origini, ottengono il permesso di fondare una città al guado del Tevere, nel luogo dove erano stati allevati da una lupa. Prima di fondare la città sondano il volere di Giove osservando il volo degli uccelli, ma nasce una contesa nella quale Remo rimane ucciso. Romolo rimasto unico re, dichiara guerra al Septimontium e scaglia una lancia di corniolo verso il versante sud del Palatino. La lancia prodigiosamente si conficca proprio davanti alla capanna di Acca Larenzia e Faustolo trasformandosi in albero verdeggiante, segno del favore divino. Curiosa è la data di fondazione di Roma, il 21 aprile che era per questi popoli di pastori e contadini Latini del Lazio il capodanno pastorale, poi assunto a Roma antica come festa detta dei Parilia, da parere, partorire, dove si svolgeva la purificazione degli uomini e degli ovini e caprini, saltando su due fuochi, per propiziare i parti della capre e pecore. Sul Palatino si svolgono altre osservazioni di uccelli che consacrano il colle quadrangolare come prima “Roma quadrata”. La seconda impresa di Romolo, sempre secondo il mito è la creazione di un tempio a Vesta, appena fuori le mura del Palatino, sulle pendici che poi diverranno il Foro. Romolo non solo fonda la città di Roma, ma amche lo Stato nella dimensione politica e religiosa. Il re non è un monarca assoluto, ma un capo eletto dai capitribù come intermediario con gli dei. Romolo conquista gli altri colli e concede il diritto di asilo ai fuggiaschi, pare secondo un mito erigendo un tempio al dio Asilo, che accoglie poveri, criminali, debitori e schiavi fuggitivi che le integra nel tessuto cittadino assistito da Tito Tazio, re dei Sabini che non era riuscito ad assoggettare. Insomma con un metodo innovativo per i tempi Romolo è riuscito ad assoggettare i bellicosi uomini lupo in una Comunità nuova retta da norme sociali, politiche e religiose che superano antichi individualismi per aspirare a qualcosa di più grande, antesignano del motto che l’unione fa la forza!
By Giorgio Cortese