L’Osservatorio permanente sull’andamento dei consumi nei settori ristorazione, abbigliamento e non food elaborato da Confimprese-EY registra ancora un forte calo dei consumi a febbraio vs febbraio 2020 con -35,8%. Il crollo più importante arriva dalla ristorazione -50,3%, l’abbigliamento chiude a -36,5%, il non food riduce le perdite col -6,2%. I centri commerciali mostrano un calo pari a -43,2%.
Il travel segna un pesante -59,9%. Nei trend per regioni la peggiore è l’Umbria -74,3%, seguita da Trentino-Alto Adige -56,4%, mentre la Lombardia è terzultima e scende per la prima volta dall’inizio della pandemia a -29,7%.
Il totale mercato su base degli ultimi 12 mesi mobili chiude a –46,3% vs 2020
Il mese di febbraio chiude con un calo del -35,8% e, sebbene ci sia un recupero di 22,6 punti percentuali su gennaio, il dato è ancora fortemente negativo. Il lieve miglioramento è dovuto al momentaneo allentamento delle restrizioni in alcune regioni del Paese, ma sull’anno mobile – ultimi 12 mesi – il crollo si attesta al -46,3%. I dati dell’Osservatorio permanente Confimprese-EY sui consumi di mercato evidenziano una situazione di grande instabilità, che potrebbe mutare nelle prossime settimane non solo a causa delle nuove misure di emergenza sanitaria pronte a essere varate in vista della Pasqua, ma anche del peggioramento generale della curva pandemica. A febbraio continua la discesa della ristorazione che si conferma il settore con le performance più negative -50,3%, seguita dall’abbigliamento –36,5%. Il non food contiene le perdite a -6,2% rispetto a febbraio 2020. Il bilancio sugli ultimi 12 mesi vede così la ristorazione perdere il -56,5%, l’abbigliamento il -46%, il non food il -29,1%. Tra i canali di vendita il mese vede sempre in sofferenza il travel con un -59,9%. La pesante situazione, che vede il mancato afflusso di turismo italiano e straniero, sta imponendo agli operatori del settore un ripensamento dei format e una rimodulazione dell’esperienza d’acquisto per il futuro.
Continua la flessione di centri commerciali -43,2% e outlet -36,5%. Risultati meno sconfortanti per le altre località con -27,8%. In recupero le high street che chiudono a -27,6%, un risultato quest’ultimo in gran parte dovuto alla chiusura dei centri commerciali nei fine settimana e al conseguente affollamento dei centri città e delle vie dello shopping.
Le aree geografiche mostrano andamenti abbastanza simili, anche se la peggiore è l’area Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna) con -40,5%, seguita dall’area Nord-Est (Emilia-Romagna, Triveneto) -38,3% e dall’area Sud (Campania, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata) -36,1%. A sorpresa l’area Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta), segnata dal peso della regione più colpita dall’anno di pandemia, chiude il mese a –31,6%.
«In febbraio continua l’onda negativa in tutti i settori, tranne nel non food che, sulla scia delle minori restrizioni di alcune merceologie e della ritrovata voglia degli italiani per la lettura, per l’arredamento della casa e per gli oggetti di elettronica, chiude il mese di febbraio con una contrazione ridotta – chiarisce Mario Maiocchi, direttore Centro studi retail Confimprese –. Resta il fatto che, nonostante l’avvio della campagna vaccinale, abbiamo di fronte un altro anno di convivenza con il virus e per questo dobbiamo ritrovare fiducia sapendo gestire le aperture e non le chiusure. Continuiamo a sostenere che gli operatori del commercio hanno messo in atto in tempi rapidissimi protocolli operativi molto stringenti, volti a prevenire i rischi di contagio nelle diverse tipologie di esercizi, siano essi situati sia nei centri delle città sia all’interno di centri commerciali, parchi commerciali o altre strutture analoghe». A questo punto c’è da chiedersi se un anno di pandemia abbia influenzato le abitudini d’acquisto degli italiani, allontanando la prospettiva di un ritorno alla normalità. «Febbraio segna ancora un forte calo dei consumi (-35,8%), influenzato dalle chiusure e dalla ridotta mobilità. Iniziamo a osservare anche un cambiamento negli stili di consumo degli italiani che, a distanza di un anno dall’emergenza, si stanno abituando a rinnovare meno spesso l’abbigliamento e a non poter consumare i pasti fuori casa. Sarà importante capire se questo trend si confermerà anche in presenza di futuri allentamenti delle misure sanitarie, o se sarà necessario un periodo più lungo di assestamento, prima di poter tornare alle vecchie abitudini – dichiara Paolo Lobetti Bodoni, med business consulting leader di EY –».
Analisi per regioni
Per la prima volta dall’inizio del lockdown il trend più negativo si registra in Umbria, che perde il 74,3% a causa del colore rosso che l’ha contrassegnata per quasi tutto il mese di febbraio. Al secondo posto, sia pure molto distanziato in termini percentuali, il Trentino-Alto Adige -56,4%, che paga anch’esso le restrizioni adottate soprattutto nell’area di Bolzano, così come l’Abruzzo -47,4%. A sorpresa la Toscana scende sotto la soglia del 50% che l’ha contrassegnata per l’intero anno di pandemia e segna -42,6%, seguita da Campania -42,4%, Liguria -42,3% ed Emilia-Romagna -41%. Il Molise registra un calo del -39,7%. Seguono Valle d’Aosta -38,3%, Lazio -37,6%, Sardegna -36,7%, Friuli-Venezia Giulia -35,2%, Puglia -34,8%, Veneto -33,1%, Marche -32,9% e Piemonte –32,7%. In ripresa la Sicilia -31,9% dopo il tonfo di gennaio a -75,9% che l’aveva consacrata peggiore regione d’Italia e la Lombardia, che nonostante rimanga la regione più colpita, chiude in terzultima posizione -29,7%, meglio solo la Calabria -28,8% e la Basilicata –26,2%.
Analisi per città
Nell’analisi per città la peggiore è Genova -53,8%, la migliore Torino -31,3%. Tra le due estremità della classifica troviamo Firenze -51,3%, Bologna -44,6%, Napoli -39,7% Roma -39,1%, Milano -37,8%, Venezia -37,4% e Palermo -36%.
Analisi per province
È la provincia di Perugia la peggiore d’Italia. Fa segnare un drammatico -80,2%. Solo le province lombarde (Bergamo, Brescia e Monza) avevano fatto peggio in marzo 2020 toccando punte del -88%. L’Umbria e le sue province sono state rosse per quasi tutto il mese di febbraio con interdizione di scuole, bar, ristoranti, negozi e questo ha fatto pagare una tassa pesante in termini di consumi. Segue distanziata di 20 punti percentuali la provincia di Chieti -60,7% e Genova -51%, anch’essa in zona semi-rossa nel mese di febbraio con conseguenti limitazioni in tutti i settori. A breve distanza troviamo Firenze -50,2%. Le province che seguono si attestano tutte sotto il 50%. A partire dall’Emilia-Romagna con Reggio Emilia -48,6%, Bologna e Forlì-Cesena -44%, Parma -42,5%, Modena -37%, Rimini -25,4% per finire alla Toscana con Firenze -50,2%, Livorno -47,5%, Lucca -33,4%
In Campania Caserta che è stata a lungo tra le peggiori province a causa della forte concentrazione di centri commerciali nella zona mostra ancora il peggiore trend della regione con -44,5%, seguita da Napoli -43,3% e Salerno -37,7%.
In Lombardia la provincia di Milano scende a -33%, Pavia -31,6%, Monza e Brianza -29,1%, Varese -17,1% e Bergamo registra un più confortante -15,1%. Veniamo alle isole. In Sicilia le province anch’esse fortemente colpite dal calo dei consumi nei mesi passati mostrano i seguenti andamenti: Catania -44,1%, Palermo -33%, Siracusa -22%, Agrigento -21,8%, Messina -21,2%. In Sardegna Sassari segna -33,5% mentre Cagliari il -39,1% Nel Veneto la peggiore è la provincia di Venezia -37,5%, seguita da Padova -34,1%, Verona -30.3%, Treviso -29,6%, Vicenza -28,6%. In Puglia la provincia di Foggia mostra i trend peggiori -43,6%, seguita da Bari -43,1% Brindisi -36,4%, Taranto -10,4%. In Piemonte Alessandria si attesta a -37,3%, Torino -35,3%, Novara -31,9%, Cuneo -22,6%. Nel Lazio Roma è a -38,9% e Frosinone -36,5%, Latina -27%. In Friuli-Venezia Giulia arretra la provincia di Udine con -37,6%. Nelle Marche Ancona fa segnare -41,2%, mentre Macerata registra un trend migliore col -26,1% In Calabria, infine, Cosenza registra -30,9%, Reggio Calabria -26,6%, Catanzaro -26%.