Bigotto e non begardo!
Si dice bigotto chi mostra una religiosità esteriore, acritica e intransigente. La parola deriva dal francese bigot, nata dall’esclamazione normanna bi Got, per Dio. Si dice a volte bigotto, bacchettone, baciapile e beghinop, baciapile, pinzochero, collotorto, paolotto, picchiapetto, leccasanti, spigolistro. Al solito, il lessico dell’ingiuria è decisamente prolisso. Ma tra tanti epiteti, nessuno che associ una religiosità più ostentata che intimamente vissuta al fatto di portare i baffi. Pertanto, imbattendomi nella parola spagnola bigote, che significa appunto “baffi”, viene dato per scontato che l’assonanza con il nostro bigotto, per pura casualità. Ma siamo sicuri? Facciamo un passo indietro, tra il IX e il X secolo d.C., il capo vichingo Hrolfr, meglio conosciuto come Rollone, saccheggiò in lungo e in largo il nord della Francia, giungendo ad assediare anche Parigi. Incapace di sconfiggerlo, il re franco Carlo il Semplice gli concesse il Ducato di Normandia, a patto che facesse atto di sottomissione e si convertisse al cristianesimo. La cerimonia d’investitura prevedeva che Rollone baciasse il piede di Carlo, ma l’orgoglioso vichingo rifiutò di abbassarsi a tanto, affidando l’ingrato compito ad un suo uomo. Questi, però, invece di inchinarsi sollevò verso di sé il piede del sovrano, facendogli perdere l’equilibrio e provocandone una ben poco regale caduta all’indietro, fra le risa di scherno dei vichinghi presenti. Narrano le cronache medievali che Rollone manifestasse il suo rifiuto di sottomettersi esclamando: “ne se, bi got!”. In lingua norrena, “giammai, per Dio!. Secondo Gilles Ménage, autore dei primi dizionari etimologici sia del francese è da allora che i normanni furono soprannominati “bigots”. Comunque, anche a voler dubitare che il termine discenda dritto dal goliardico avvenimento sopra citato di Rollone, è certo che i normanni erano soprannominati bigots dai franchi, presumibilmente perché usi a pronunciare l’intercalare bi Got, e che alcuni secoli dopo, in francese, la parola passò a designare gli eccessivamente devoti, coloro che avevano sempre sulle labbra il nome di Dio. Ancora oggi, quasi tutti i dizionari fanno risalire l’etimo del francese bigot, che ha originato l’italiano bigotto, l’inglese bigot e il tedesco bi gott, dal modo di dire tipico dei normanni, bi Got. Ma allora la parola spagnola bigote è solo una casualità? Pare che in Spagna, diversamente che a nord dei Pirenei, nel XV secolo non fosse consuetudine portare i baffi. Durante la reconquista di Granada nel 1482-1492 d.C., ultima roccaforte dei Mori in terra iberica, le forze cristiane potevano contare su numerosi volontari e mercenari svizzeri e tedeschi, spesso foltamente baffuti. Giacché costoro, a quanto pare, proferivano volentieri il famoso bo Got o bei Gott, e gli spagnoli presero a chiamarli bigotes, o forse, semplicemente, erano a conoscenza del soprannome che da secoli contrassegnava gli “uomini del nord”. In ogni caso, la parola passò ben presto a designare chi porta i baffi. Ma in spagnolo una volta dire: “tener bigotes” equivaleva a dire di avere gli attributi, insomma di essere un duro. E duri lo erano senz’altro, quei guerrieri nordici, giunti fino in Spagna per combattere i mori. Non erano sicuramente campioni di animo mansueto ma soldati. Invece la parola femminile beghina, al maschile usato sia beghino che bergardo ha una origine alquanto controversa. Pare che l’origine di beghino o beghina deriva da un sacerdote di Liegi, Lambert Le Bégue che, nel dodicesimo secolo, predicò una dottrina basata sull’idea di un’associazione di donne che si dedicassero ad una vita religiosa senza prendere i voti monastici. I detrattori dell’idea di Bègue chiamarono queste donne beghine. Secondo altri la parola deriva da una vecchia parola sassone beggen che voleva dire mendicare o pregare. Secondo altri la parola beghina, beghino deriva dal movimento eretico degli albigesi, diffuso in Europa tra il XII e il XIV secolo. Nel linguaggio contemporaneo, il termine beghino, è utilizzato, in senso lato, come sinonimo di bacchettone e di bigotto.

By Giorgio Cortese