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Compianto sul Cristo morto.

Il ritorno del capolavoro del Maestro di Sant’Anastasia
a Caprino veronese presso la sede Municipale  piazza Roma, 6DSC01182

Tornato in patria il 9 giugno 2021 e dopo un restauro durato otto anni, si è tenuta presso la sede Municipale di Palazzo Carlotti la cerimonia di inaugurazione ufficiale del Compianto sul Cristo morto a Caprino Veronese, per restituire al pubblico, e al patrimonio artistico di Caprino, a cui appartiene, un’opera di grande valore storico, attribuita al Maestro di Sant’Anastasia. L’inaugurazione è avvenuta nell’ambito del convegno Compianto sul Cristo morto. Il ritorno del capolavoro del Maestro di Sant’Anastasia che ha anticipato la stessa cerimonia.

Una tavola rotonda che si è svolta con la partecipazione del Dottor Luca Fabbri, Funzionario Storico dell’Arte- SABAP-VR, RO, VI, della Dottoressa Maria Cristina Improta (ex Direttore Settore restauro materiali lapidei – Opificio delle Pietre Dure/Firenze), del Dottor Riccardo Gennaioli (Direttore Settore restauro materiali lapidei – Opificio delle Pietre Dure/Firenze) e di Paola Lorenzi e Franca Sorella (Restauratrici Opificio delle Pietre Dure – Firenze/Settore restauro materiali lapidei). E in presenza del Dr. Eleonora Cigognetti Restauratrice, del professor Giuliano Sala Indagine storica Arch. Benati Martina e Ridolfi Giovanni Indagine archeologica, del Dottor Enrica Scopel Dirigente Istituto Tecnico Superiore per il Turismo, Renato Betta e Rinaldo Veronesi della Pro Loco Caprino Veronese.  In chiusura si è tenuto l’intervento del Dottor Costantino D’Orazio Storico dell’arte e saggista, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali cui è seguito, il trasferimento dei partecipanti presso Palazzo Carlotti con l’inaugurazione ufficiale dell’opera.

“Il Compianto di Caprino Veronese – ha dichiarato D’Orazio – è un’opera seminale della storia dell’arte europea, una scultura di transizione in cui l’emozione irrompe discreta all’interno di un gruppo di figure costruito secondo i più puri canoni classici. La compostezza di Giuseppe d’Arimatea, la consapevolezza di Nicodemo, lo struggimento delle Pie donne, l’abbandono di Giovanni, fino alla disperazione della Maddalena: in questo capolavoro – ha aggiunto – i sentimenti fluiscono da un personaggio all’altro attraverso un gioco di sguardi, mani ed espressioni che coinvolgono profondamente chi l’osserva. Ammirarlo è un’esperienza che avvicina a Dio”.  Il gruppo scultoreo in questione proviene dalla Chiesa del Santo Sepolcro a Caprino Veronese. Da lì nel 1980 è stato trasferito, per ragioni di sicurezza, nel Museo civico di Villa Carlotti a Caprino. Il difficile restauro è avvenuto presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, Istituto dotato di autonomia speciale del Ministero della Cultura. La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza, ha segnalato la critica situazione conservativa del gruppo scultoreo al direttore dell’Opificio, allora Marco Ciatti, che ha accordato la disponibilità dell’Istituto a prendersi carico del complesso intervento di restauro.

Le restauratrici del settore materiali lapidei dell’Opificio sono state impegnate fin dall’arrivo del gruppo scultoreo a Firenze, nel novembre 2013, nella pianificazione di una approfondita campagna diagnostica per lo studio del materiale costitutivo, delle tecniche artistiche e degli interventi pregressi. Per questo sono state attivate alcune collaborazioni con importanti centri di ricerca. Il complesso intervento di restauro che è seguito ha portato al recupero e alla stabilizzazione dello stato di conservazione del capolavoro scultoreo. Durante il lavoro è stato predisposto il rilievo tridimensione delle parti inferiori delle sculture per recuperare le basi di appoggio perse, resecate, nel tempo.  Le nuove basi, perfettamente giustapposte al materiale lapideo, sono state realizzate tramite fresatura a controllo numerico in materiale sintetico e infine stuccate a tono. In ultimo, ma non ultimo per importanza, il servizio di Climatologia e Conservazione Preventiva dell’OPD ha definito i parametri ambientali della nuova sede espositiva, determinanti per la conservazione del Compianto sul Cristo morto. Attribuito al Maestro di Sant’Anastasia – poi identificato come Rigino di Enrico, sebbene di costui non sono noti legami documentati con nessuna delle opere che gli sono state assegnate – il gruppo scultoreo è costituito dal Cristo deposto nel sudario, attorniato da sei dolenti a grandezza naturale.DSC01299

In questa rappresentazione centrale è il corpo morto di Gesù, il cui volto diventa la narrazione della sofferenza mentre esprime sia l’angoscia quanto la tragicità umana della stessa morte. Ai capi è sorretto da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo, che presentano un’asportazione delle parti inferiori degli arti e degli avambracci. A piangere Gesù si possono ammirare le sculture che rappresentano la presenza di Giovanni, apostolo preferito, la madre e due donne pie di cui si conosce l’identità attraverso il Vangelo di Giovanni che indica la presenza della Madonna, Maria di Cleofa e Maria Maddalena: “Stabant autem iuxta crucem Jesu, Mater eius et soror Matris eius Maria Cleophae, et Maria Magdalenae”. La prima documentazione scritta che testimonia la presenza del gruppo scultoreo nell’oratorio del Santo Sepolcro di Caprino Veronese è legata a una nota dello storico monsignor Giuseppe Crosatti che nei primi anni del Novecento, in una monografia su Bardolino, lasciò un’annotazione sulla presenza del Compianto in quella chiesa, seppure collocato in modo diverso: dietro l’altare maggiore. E qui fu fino al 1981, quando fu trasferita, e per motivi di sicurezza, in una sala di palazzo Carlotti. Di fatto non è certo che il Compianto sia stato sin dall’origine nella Chiesa del Santo Sepolcro.

Le figure che sono ai capi di Gesù, come anticipato, oggi presentano delle menomazioni vistose, molto diverse, dunque, da quello che presumibilmente doveva essere il loro aspetto in origine.  Riguardo l’asportazione delle parti inferiori e degli avambracci, come spiega, Giuliano Sala, può essere dovuta alla collocazione delle statue nella nicchia sul retro dell’altare maggiore della chiesa del San Sepolcro, dove apparivano sin dai primi anni del Novecento.  Non è assolutamente accertabile, in base alle fonti note, né la possibilità che il gruppo scultoreo provenisse da un’altra chiesa, né che stava nello stesso oratorio, ma in altra sede. E’ tuttavia presumibile, che a seguito dei lavori avvenuti nella chiesa tra il 1761 e il 1768, Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo abbiano subito le menomazioni note.  Una delle particolarità di questa inaugurazione e del Compianto a Caprino Veronese è legata ai Cammini della corona di cui il Compianto sul cristo morto a Caprino Veronese ne è una tappa.

 

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