Nei prossimi mesi
può capitare di tutto nel mondo
Tra un mese avremo il prossimo presidente degli Stati Uniti e non è escluso che possa essere Trump, la Merkel sta uscendo sempre più indebolita dalle elezioni tedesche e con lei l’Europa comunitaria è a un passo dallo sfascio completo se si pensa anche alle prossime elezioni della presidenza austriaca e alla rivolta dei paesi del Nord Europa che non vogliono saperne di immigrati. Renzi sullo scacchiere internazionale è isolato e in Italia con un referendum alle porte sulla riforma costituzionale, la più improvvida e impopolare delle sue iniziative, rischia di tutto. Se vince il No è squalificato ma se vince il Si ne esce comunque con le ossa rotte e con la grossa ipoteca di una immigrazione sempre più fuori controllo. Se poi guardiamo altrove dobbiamo constatare che nel vicino oriente i conflitti armati non danno tregua dalla Libia alla non meno lontana Siria, con la Turchia che sta diventando sempre più insofferente al suo legame con la Nato e con l’Occidente che non sembra proprio che l’Isis, con le sue trame terroristiche, stia diventando il male peggiore. Da tutto questo può benissimo emergere una nuova e incontrastata leadership mondiale nella quale la Federazione Russa di Putin ne può trarre il massimo vantaggio.
Putin sta rivelandosi l’uomo forte sulla scena mondiale. Lo deve al declino politico degli Usa che tende sempre più di chiudersi in se stessa implodendo. Lo deve alla sua ferrea amicizia e identità di vedute con la Cina e alla sua capacità di trascinare dalla sua parte il Giappone, l’India, il Pakistan e ora anche i paesi europei e africani che si affacciano sul Mediterraneo a partire dalla Turchia. E’ uno scenario che è capace, senza dover scatenare un conflitto mondiale, di stravolgere gli assetti geopolitici esistenti e d’imporre la presenza di un solo uomo forte: Putin. Con lui dobbiamo incominciare a trattare e a pensare che la grande madre Russia si sta risvegliando dal suo lungo letargo che l’ha vista disfarsi con la caduta del muro di Berlino e che ora ha ritrovato se stessa, il suo orgoglio e la sua forza per suscitare negli altri lo stimolo necessario per uscire dall’impasse esistente e buttare alle ortiche le già traballanti impalcature del capitalismo mondiale, le sue logiche consumistiche e la sua sete di potere fine a se stessa. E’ con questa Russia e con questa sua leadership che dobbiamo comunque misurarci anche se Trump perderà la sua sfida con Hillary. Dobbiamo farcene una ragione.
(Riccardo Alfonso direttore del Centro studi politici della Fidest)