In piemontese il tarabàcol o tarabàcola indica un trabiccolo, un congegno mal connesso, meglio della inutile cianfrusaglia, ma indicava anche un letto smontabile. Si dice anche di una persona, quando si vuole affermare la sua volubilità nel carattere, insomma un res nullus. Poi ci sono le tarabacole, i vecchi ed ingombranti mobili da non confondere con le tarabacolè, quando si dice di chi sale per per correre pericolosamente su di un trabicolo. Queste parole derivano dal lemma piemontese taràcola, oggetto rotto o cianfrusaglia. Questa voce è diffusa oltre che in Piemonte anche nel Pavese e nel Mantovano e nella zona di Sondrio. Molto probabilmente deriva dalla voce tardo latina trabiculum, travicello diminutivo di trabem, trave, che forse poi si è incrociato, suggestiva la supposizione, con la voce araba trabaqah, copertura, piccolo edificio palco. Potrebbe pure derivare da una voce di una piccola imbarcazione usata nell’Adriatico, anticamente per la pesca il trabacolum. Addirittura secondo alcuni deriva da una parola di origine tedesca, latinizzata, trabum, tenda. Certo che la radice araba tarh che indica cioè che è gettato perchè difettoso sembrerebbe logica! Vi chiedo scusa per il tarabadan, baccano, di parole se il mio parlare è degno di un tarabara, sciocco poetastro, sono solo un povero tapin, misero, che ha cercato di intrattenervi.
Giorgio Cortese