Festa della Liberazione
Festa della Liberazione

XXV Aprile

25 aprile Ffesta della Liberazione
25 aprile Festa della Liberazione

Festa della Liberazione

Oggi parliamo di Liberazione, di XXV Aprile e del contributo di sangue, di vite e di privazioni sofferte dalla nostra amata Patria sotto i tre anni di repressione nazifascista. Parlare della festa della liberazione solo dal 1943 al  XXV aprile del 1945 sarebbe riduttivo, bisogna fare memoria perché questo virus totalitario ed inumano non risorga mai più. Dai media leggiamo e sentiamo dei rigurgiti xenofobi contro ebrei, i profughi, i diversi e contro chi non la pensa, nella maniera malata, come loro.  Mi domando se oggi sia possibile comparare la Resistenza europea al nazifascismo con quanto sta avvenendo in Ucraina?  Con tutte le cautele e i distinguo del caso penso si possa rispondere in modo affermativo.  Il prepotente ritorno delle armi, la forma distruttrice di un’aggressione violenta in una strategia di conquista di territorio sollecitano paragoni con altre pagine della storia europea. Il passato non offre lezioni, ma il suo lascito non si cancella, non scompare dentro le logiche della distruzione totale.

Persino le parole possono divenire oggetto di una contesa, come “prove” da mostrare con tracotanza, pietre per la dialettica di oggi e per una, speriamo, prossima ricostruzione domani.  Insomma il significato della resistenza ucraina va al di là della linea di demarcazione tra aggrediti e aggressore.  E’ importante ricordare a tutti noi che già all’affermarsi del fascismo, c’erano italiani che non la pensavano come i fascisti ed alzavano la testa. Il 18 Dicembre del 1922 inizia quella che viene ricordata come ‘La strage di Torino’: nelle giornate tra il 18 ed il 20 dicembre, le squadre fasciste aggrediscono diversi militanti delle organizzazioni popolari, uccidendo 11 antifascisti e causando decine di feriti.

Un paio di mesi prima della marcia su Roma, a Torino la violenza squadrista si era manifestata più volte con  particolare ferocia. Ad essere colpiti nelle tre giornate di Dicembre sono operai, sindacalisti, militanti del partito popolare, socialisti e comunisti con la sola colpa di pensare con la propria testa.  Oggi voglio ricordare, un nostro concittadino, Matteo Tarizzo, a cento anni dalla sua morte,  che a Favria ha una a lui dedicata,  ucciso dai fascisti a Torino all’età di 34 anni, sorpreso nel sonno dall’irruzione dei fascisti, prelevato e ucciso a bastonate poco lontano da casa sua. Ed oggi in Via Cernaia, una lapide davanti a Porta Susa, in Torino, ricorda il luttuoso evento.

A mio avviso occorrerebbe che questa figura venisse maggiormente valorizzata e conosciuta. Ricordare oggi la Resistenza non ha solo un valore culturale o celebrativo, ma significa far nostri gli insegnamenti di chi ha combattuto il fascismo con l’obiettivo di costruire una società senza più classi, guerra e sfruttamento.  Oggi, dobbiamo sempre di più rinnovare il legame, anzi, la simbiosi tra italianità, nazione e unità, dobbiamo allora tornare a promuovere i valori e sostenere le aspirazioni che animarono gli uomini che 100 anni fa non piegarono la testa alla dittatura e con il loro esempio contribuirono a mantenere vivo  lo spirito democratico del Paese.

Oggi, dobbiamo recuperare il significato morale del fare politica, ripartendo da un nuovo inizio, sulla strada che porta a costruire quello Stato di cittadini liberi ed uguali desiderato, immaginato ed infine realizzato dai tanti che si impegnarono e si sacrificarono per la Patria.  Oggi,  dobbiamo ricordare tutti i patrioti, da chi prese le armi andando a combattere sulle montagne con una resistenza armata e consapevole a fianco di tanti altri: renitenti alla leva, militari internati dopo l’8 settembre 1943, circoli intellettuali che offrirono ospitalità e aiuto.  Oggi, dobbiamo ricordare le donne impegnate come  staffette a portare, a rischio della loro vita,  messaggi e generi di conforto a chi resisteva con le armi in mano alla feroce dittatura.  Oggi, dobbiamo ricordare tutte quelle persone, semplici cittadini, fra cui anche, contadini, operai, medici e sacerdoti, che fornirono solidarietà ed accoglienza.

Con i loro eroici comportamenti quotidiani  nascosero  famiglie di religione ebraica, i disertori, offrirono cibo, ristoro e cura aprendo cantine e sacrestie.  Infine, oggi dobbiamo ricordare i patrioti che si sacrificarono  per il bene di tutti e per molti di loro il sacrificio fu addirittura la vita stessa. A tutti loro va oggi il nostro pensiero, carico di ammirazione e riconoscenza.  Quello che contraddistingue il loro sacrificio è la gratuità che ha trascurato le conseguenze personali delle proprie scelte.  Queste scelte sono state ispirate a valori che si ritengono superiori perché ti ci appartengono e a tutti e, devono essere garantiti come diritti.  Basterebbe considerare la grandezza e la nobiltà di questo sacrificio per comprendere il significato fondamentale della Liberazione e affrancare la sua celebrazione dal rischio di ridursi a una circostanza scontata, inespressiva, per alcuni e purtroppo non pochi, persino fastidiosa ed imbarazzante.

Cosa posso dire allora, quali parole debbo usare per far comprendere alle persone della mia generazione e di quelle successive perché è importante celebrare il XXV Aprile?  Perché  questa data sia sempre viva nel presente e ricordarla non è solo un obbligo da assolvere, se non addirittura un pretesto per godere di un giorno di vacanza!   Penso che bastino solo tre parole:  sacrificio, democrazia, libertà.  Nella storia dell’umanità, il sacrificio ha uno straordinario valore di rinnovamento ed ogni volta che si compie ha il significato di una rivoluzione morale, perché all’apparenza è contro ogni ragione.

La Resilienza già del 1922, la Resistenza e la guerra di Liberazione sono state la dimostrazione che uomini e donne possono superare il pessimismo ed il cinismo della ragione che si fa rassegnazione, se si sentono chiamati a battersi per il bene sociale, se partecipano con passione, se credono in una giustizia che regola la convivenza, che garantiscono dignità della persona, uguaglianza e rispetto della libertà.  La Resistenza non è stata un romanzo nè un evento mitico, ma è stata una straordinaria vicenda di vite dedicate con speranza, coraggio ed altruismo all’affermazione di ideali altissimi ed è per questo che non dovrebbe essere difficile raccontarla a chi non vi ha partecipato e fare sentire i giovani parte di quella vicenda.

Non bisogna avere timore di ripetere parole che non possono diventare vuote e retoriche se trovano corrispondenza nei nostri comportamenti di ogni giorno. Perché il loro sacrificio non sia vano, si deve ritornare a vivere la politica come il momento in cui si diventa responsabili delle proprie scelte, non solo nei confronti di se stessi, ma soprattutto nei confronti degli altri.  Abbiamo bisogno di nuove e continue dimostrazioni su ciò che nell’impegno nei partiti e nelle istituzioni viene dato alla politica, non venga sottratto alla morale.  Amministrare  la cosa pubblica con senso pratico non significa farlo senza principi,  non si può chiedere il rispetto delle regole ai cittadini senza prima riconoscere la libera dignità delle persone.  Questa è la sempre attuale  eredità della Resistenza, sfociata poi nella Liberazione e giunta sino a noi con i principi della Costituzione:  rispettare la persona, essere consapevoli dei doveri e dei diritti dei cittadini.

Riconoscere questi principi è la condizione per affermare la preminenza assoluta dei diritti inalienabili dell’uomo e allo stesso tempo costruire una società in cui tutti sono partecipi di una speranza collettiva; speranza di cui, oggi più che mai, per i giovani, per i lavoratori, per chi è in difficoltà, sentiamo fortissimo il bisogno. Il compito della politica è quello di raccogliere questa aspirazione, che ci è stata trasmessa prima dai resilienti martiri del 1922 e poi  dai combattenti per la Libertà e dai padri fondatori della Repubblica.

E oggi, come allora, la politica è chiamata ad interpretare le grandi questioni e ad affrontare i problemi che in ogni epoca si presentano ad ogni società, ancor più nella dimensione globalizzata della difficile attualità che viviamo: come ricercare e realizzare la giustizia sociale; come associare etica, responsabilità e aspirazioni; come mettere in relazione e far dialogare le diverse identità e culture. Sino a giungere a quel traguardo, intravisto con coraggio ed inseguito con doloroso sacrificio da tutti quelli che hanno messo in gioco le loro vite per rendere libere le vite di tutti noi: ricomporre il legame indispensabile, drammaticamente negato nell’esperienza della dittatura fascista, tra la politica e la moralità, tra lo Stato e l’interesse del popolo. Ricordiamoci della loro testimonianza.

Facciamolo con rispetto ed immensa gratitudine. Andiamo allora con il nostro cuore a rendere omaggio ai combattenti per la democrazia. Onore ai martiri della Resistenza!   Loro c’erano e sapevano che la pace non basta invocarla, qualche volta bisogna conquistarla. Onore al concittadino Matteo Tarizzo morto dopo vile  aggressione  fascista nel 1922.  W la Liberazione, Viva l’Italia libera e unita! Buon X25 aprile

Giorgio Cortese
A cura di Giorgio Cortese

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