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LIQUIRIZIA CALABRA:

IN ARRIVO IL MARCHIO “DOP”

Un viaggio in Calabria per conoscere e aprezzare LA LIQUIRIZIA. La Commissione europea ha accolto la domanda di registrazione della Liquirizia di Calabria come Denominazione di origine protetta (Dop), che è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Se, entro sei mesi dalla data di pubblicazione, non saranno presentate da parte degli Stati membri istanze di opposizione, la Liquirizia di Calabria sarà automaticamente iscritta nel registro comunitario come Dop. La Denominazione di origine protetta liquirizia di Calabria è riservata esclusivamente alla liquirizia fresca o essiccata e al suo estratto. Tale liquirizia deve provenire dalle coltivazioni e dalle piante spontanee di Glychirrhiza glabra (Fam. Leguminose), nella «varietà typica» denominata in Calabria «Cordara». La zona di produzione della «Liquirizia di Calabria» comprende tutti i territori comunali riportati in maniera dettagliata nel disciplinare di produzione, dove si registra la presenza allo stato spontaneo o coltivata della pianta di Glycyrrhiza Glabra «varietà typica» denominata in Calabria «Cordara» fino ad una altitudine di 650 mt s.l.m. L’area storica di produzione della liquirizia era la zona costiera della Calabria e in particolare l’area principale situata tra i comuni di Villa Piana, Cerchiara di Calabria, Cassano-Sibari, Corigliano Calabro, Rossano situati nella piana di Sibari, dove ancora oggi si concentra la maggiore produzione di liquirizia. La Liquirizia di Calabria Dop si distingue decisamente da varietà ad essa similari dal punto di vista chimico-fisico, per la presenza di metaboliti secondari tra cui il principio attivo che definisce le caratteristiche commerciali e farmacognostiche: la glicirrizina. La pianta della liquirizia di Calabria, il cui nome scientifico è “Glycyrrhiza glabra”, è conosciuta ed impiegata da circa 35 secoli, come sappiamo da antichi testi cinesi e dalla tradizione ippocratea.Essa è presente in molti paesi, come l’Italia, la Grecia, la Turchia, l’Afghanistan, l’Iran e la Mongolia, ma – come autorevolmente afferma l’Enciclopedia  Britannica – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”.Le piante nascono spontanee lungo il litorale, dove le caratteristiche naturali del suolo e del clima contribuiscono, insieme, ad elevare il contenuto di glycyrrhizina, il glicoside dalla cui presenza deriva la peculiarità del succo di liquirizia. La storia della sua trasformazione è molto antica ed è legata alle vicende del latifondo e delle famiglie feudatarie calabresi. Infatti le sue radici, tanto lunghe che si diceva arrivassero all’inferno, pur contribuendo ad azotare il terreno, dovevano essere estirpate prima di procedere a qualsiasi coltura

 

       
 
La loro raccolta, in un’economia strettamente dipendente dall’agricoltura, consentiva di sfruttare il terreno nell’anno di riposo della rotazione, dando lavoro ai propri contadini nonché a gruppi di immigrati stagionali provenienti da zone ancor più depresse.Già nel 1500, quindi, si inizia a estrarre il succo di liquirizia e a questa attività si dedica anche la famiglia dei Baroni Amarelli, che alternava alla cura del proprio patrimonio agricolo anche un forte impegno guerriero (v. Alessandro Amarelli, crociato, morto in Palestina nel 1103 e Francesco Amarelli, uno dei vincitori della battaglia di Otranto, morto nel 1514) e culturale (come Giovan Leonardo, Conte Palatino e Priore dell’Università di Messina, morto nel 1667).
 
I   

LIQUIRIZIA

Si tratta di una saponina presente nella liquirizia di Calabria in percentuale mediamente più bassa rispetto alle performance delle medesime specie e varietà e che proprio per questo motivo è ricercata sul mercato.  Nella Calabria del secondo Settecento la coltivazione della liquirizia si estendeva lungo tutto il litorale ionico, soprattutto ai confini settentrionali con la Lucania e nella vasta piana di Sibari, dove abbondava, fino a Crotone e Reggio Calabria. Ma era anche abbondante nella valle del Crati che da Cosenza sbocca nella piana di Sibari, nonché in ampie fasce della zona costiera tirrenica.  
 
Nel 1731, secondo la tradizione, fu fondato l’attuale “concio” Amarelli, alla cui attività fu dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche.Intorno al 1840 abbiamo testimonianza della vasta attività di Domenico  –allargata fino alla capitale, Napoli –  e di quella dei suoi discendenti, per giungere a Nicola che nel 1907 (come descritto nella Rivista Agraria di Napoli) ammodernò la lavorazione con due caldaie a vapore destinate, rispettivamente, a preparare la pasta di radice e ad estrarne il succo, mentre una pompa a motore da 200 atmosfere metteva in azione i torchi idraulici per comprimere di nuovo la pasta e ricavarne altro liquido.
    
LIQUIRIZIAALIA DA GUSTARE LIQUIRIZIA DA GUSTARE L’ITALIA

Difficoltà ce ne sono state tante, testimoniate anche da una petizione inviata al Ministero dell’Industria in cui si metteva l’accento sulle condizioni dell’industria calabrese all’indomani dell’Unità d’Italia; si giunge, poi alla grande crisi del 1929 e all’arrivo degli Americani che, con una massiccia sottrazione di materia prima, fecero sì che – poco prima della seconda guerra mondiale – chiudessero quasi tutti i caratteristici “conci”, ubicati prevalentemente nel territorio tra Rossano e Corigliano. Si arricchiva, così, purtroppo, il patrimonio archeologico industriale regionale, mentre l’Amarelli, introducendo una serie di innovazioni tecnologiche che non hanno alterato le note artigianali del prodotto, incrementava sempre più la sua attività, rimanendo erede pressoché unica di una tradizione tipica della Regione Calabria.Gli uffici dell’Amarelli hanno ancor oggi la propria sede in un’antichissima dimora di famiglia, edificio risalente (almeno per quanto riguarda l’impianto basilare) al 1400, mentre l’attuale facciata è del 1600 (esclusa un’ala ricostruita duecento anno orsono dopo un incendio). La costruzione presenta l’aspetto di una struttura di difesa di impronta feudale, con un’imponente corpo di fabbrica al centro di un agglomerato abitativo, costituito dalle case di coloro che operavano nell’azienda Il complesso, nella sua interezza, è, purtroppo poco visibile perché la superstrada ha tagliato in due, con un devastante intervento, questo bell’esempio di organizzazione difensivo-lavorativa, ma la mole del palazzo conserva tuttora il suo fascino. In questo edificio, sono alloggiati la Direzione, gli uffici Amministrativi ed un punto vendita, mentre in un’altra ala della stessa struttura è ospitato il Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli”.

 
Fonte:Redazione

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