Osteoporosi e fratture:
la prevenzione secondaria attraverso i servizi di prevenzione
Le fratture da fragilità ossea rappresentano una delle principali cause di disabilità e mortalità prematura negli anziani. Si prevede che il numero di tali fratture raddoppi entro il 2050. L’osteoporosi è riconosciuta dall’OMS come il principale fattore di carico globale di malattia, nonostante esistano farmaci efficaci che sono ancora sottoutilizzati. Infatti, meno del 20% delle persone che hanno subito una frattura da fragilità riceve un trattamento adeguato. In Italia, le fratture da fragilità colpiscono una donna su tre e un uomo su cinque dopo i cinquant’anni. Queste fratture sono associate a un tasso di mortalità a 12 mesi del 25% negli anziani. L’aumento dell’età media della popolazione contribuisce a un incremento previsto delle fratture di femore.
Un editoriale recente nel New England Journal of Medicine ha analizzato un modello diagnostico terapeutico per limitare l’incidenza delle fratture secondarie. Il professor Nicola Napoli, membro del Consiglio Direttivo della SID e autore principale dello studio, spiega:
“I servizi di prevenzione delle fratture o FLS (fracture liaison service) mirano a identificare e gestire soggetti che hanno subìto una prima frattura. In tal modo si crea un collegamento tra l’evento acuto e la gestione a lungo termine dell’osteoporosi”.
Modelli di servizi
Attualmente, esistono quattro modelli di servizi che variano in base all’intensità delle cure. Questi includono l’identificazione dei pazienti, la valutazione del rischio di fratture, il rischio di cadute e lo stato nutrizionale, con interventi che possono comprendere farmaci, esercizi di equilibrio e resistenza e consulenze nutrizionali. Gli approcci a bassa intensità prevedono un monitoraggio periodico della salute ossea. Questo approccio multidisciplinare ha dimostrato di essere altamente efficace in termini di costi, con un risparmio di 10,49 $ per ogni dollaro investito.
Diverse società scientifiche internazionali hanno sottolineato l’importanza di intervenire tempestivamente dopo la prima frattura da fragilità, e i Paesi come Australia e Danimarca, che hanno adottato indicatori di qualità delle cure, hanno visto una riduzione della mortalità. Modelli di cura multidisciplinari simili sono stati implementati con successo in settori come la gestione del diabete e delle malattie cardiache.
La professoressa Raffaella Buzzetti, Presidente SID, afferma:
“La prevenzione degli eventi secondari è fondamentale in molte patologie e rappresenta spesso il maggior onere economico per i sistemi sanitari e il deterioramento della qualità della vita per le persone e le loro famiglie”.
È cruciale quindi adottare modelli organizzativi specifici per la prevenzione secondaria e monitorare l’aderenza farmacologica. Le persone con diabete, ad esempio, presentano un rischio elevato di fratture di femore e un tasso di complicanze e mortalità significativamente più alto rispetto ai pazienti non diabetici, rendendo essenziale l’adozione di questo modello di cura per i pazienti fragili. Attualmente, si stima che le fratture da fragilità possano gravare sulla spesa sanitaria del nostro Paese per circa 10 miliardi di euro all’anno, con un trend in crescita legato all’invecchiamento della popolazione.