La festività di Rosh Ha Shanà (in ebraico ראש השנה, letteralmente capo dell’anno) o capo d’anno ebraico per l’anno ebraico 5781 (2020-2021) verrà celebrata i 19 e 20 settembre 2020 (1° e 2° giorno). Vigilia il 18 settembre.
Di Ugo Volli
Rosh Ha shanà è il capodanno (o meglio la prima delle quattro date che la tradizione ebraica considera iniziali, con il capodanno degli alberi, quello della liberazione del popolo all’inizio del “primo dei mesi” in cui cade Pesach, la Pasqua ebraica; e quello delle primizie a Shavuot o Pentecoste). Ma il capodanno per antonomasia è proprio questo autunnale, in cui finisce la lunga estate della Terra di Israele, parte un nuovo ciclo agricolo ed è insomma il momento per trarre le somme di quel che è successo e prepararsi al meglio per il futuro. Tant’è vero che in Rosh Ha Shanà coesiste un aspetto festivo (con una cena tradizionale in cui si mangiano cibi di buon augurio e si esprimono speranze per l’anno nuovo), e un aspetto penitenziale, per cui questa data segna l’inizio dei dieci “giorni temibili” in cui ciascun ebreo e il popolo collettivamente sono chiamati a meditare sugli errori fatti, a chiedere scusa per le offese, a volgersi verso il pentimento e il ritorno al giusto comportamento.
Questo è dunque anche il momento di fare un bilancio politico e di cercare di formulare qualche previsione e qualche augurio per il futuro, almeno per quanto riguarda Israele. Gli eventi principali dell’ultimo anno si possono sintetizzare in quattro filoni. Il primo da citare riguarda purtroppo la pandemia scoppiata a Febbraio.
Il secondo tema è quello della politica interna. Dopo il fallimento delle elezioni di Aprile e Settembre dell’anno scorso vi è stato un terzo scrutinio il 2 Marzo 2020, che come i precedenti non ha dato alla sinistra, anche alleata con i partiti antisionisti arabi, la maggioranza per sostituire Netanyahu come progettava. Quando gli israeliani pensavano di essere avviati a un quarto turno elettorale, il leader degli anti-Bibi Gantz ha rotto il suo partito per costituire il 17 Maggio un governo di unità nazionale con Netanyahu, accettando di essere il suo successore designato a partire da ottobre 2021.
Un sotto-filone importante della politica interna è quello della tensione fra apparato giudiziario e poliziesco e sistema parlamentare. Sullo sfondo di tutta la politica israeliana c’è il processo contro Netanyahu, la cui fase dibattimentale inizia a Gennaio. Ma ci sono state alcune sentenze e ordinanze della Corte Suprema in diretta contraddizione con le scelte parlamentari e le decisioni governative, che hanno suscitato forti polemiche, per esempio quella che in mezzo alle trattative per l’unità nazionale ha costretto il presidente della Knesset a mettere in elezione la sua carica prima della formazione del governo, stabilendo un vantaggio per la sinistra, contro una prassi che dura dalla fondazione dello stato; o le altre in materia di diritti di proprietà e di edificazione in Giudea e Samaria, materia incandescente. Insomma, è emerso con grande chiarezza che la Corte Suprema conduce una sua politica, senza sentirsi legata alla sovranità popolare o alle leggi emesse dalla Knesset (che anzi, senza nessuna base legislativa, da un paio di decenni si è arrogata il potere di annullare).
Finiti i temi preoccupanti, bisogna rendere conto delle grandi vittorie di Israele sul fronte militare e diplomatico della politica estera. Si può partire dall’ultimo grande successo diplomatico: la normalizzazione delle relazioni diplomatiche, economiche e culturali con gli Emirati Arabi e il Bahrein è stata appena sancita ufficialmente ed è probabile che nuovi stati presto si uniranno. È una rottura importante del secolare assedio arabo a Israele, la cui importanza non può essere sottovalutata. Salta il presupposto esplicito della politica seguita da tutto il mondo, incluso Israele, nell’ultimo mezzo secolo, e cioè che la pace si può fare solo a partire dai “palestinesi” e col loro accordo.
Per ora si può prevedere (e sperare) che si sviluppi il cambiamento del panorama geopolitico della regione, con uno schieramento diplomatico, economico e politico che raggruppi i paesi arabi sunniti e Israele, una sorta di Nato del Medio Oriente che contrasti i paesi revanscisti e sovversivi, cioè l’Iran e la Turchia e i loro satelliti. Questo schieramento già si vede in azione nel Mediterraneo Orientale in appoggio alla Grecia minacciata da Erdogan e sostanzialmente abbandonata dall’Unione Europea (ancora una volta schierata dalla parte sbagliata o assente).
Riassumendo, la posizione israeliana nell’anno che si conclude è migliorata negli ambiti fondamentali della diplomazia e della difesa. L’economia è stata ferita dal Covid, ma meno del resto del mondo; è ragionevole pensare che essa possa rapidamente riprendersi alla fine dell’epidemia. I rischi vengono da una politica interna molto nevrotizzata, personalizzata, spesso molto miope; e dalle invasioni di campo nella politica del sistema giudiziario e della polizia. Sono anomalie israeliane che in parte derivano da meriti del sistema, dalla sua capacità di rappresentare le tante minoranze di cui è fatto il paese e dal suo amore per la giustizia e la moralità. La speranza (questa volta solo una speranza, non una previsione) è che anche questa tensione interna si allenti, che torni la fisiologia della divisione dei poteri e della collaborazione fra le forze politiche sui temi fondamentali.Noi dalla diaspora non possiamo che ribadire per l’anno prossimo il nostro totale appoggio a Israele, che non è solo amore incondizionata, ma anche stima ragionata per una politica che ha permesso al piccolo stato ebraico di superare tanti ostacoli e difficoltà. L’augurio è dunque di un anno 5781 buono e dolce per i nostri lettori, per gli ebrei italiani e di tutto il mondo, per Israele e per tutta l’umanità. Shanà Tovà!
(abstract fonte: https://www.progettodreyfus.com/rosh-ha-shana-5781-israele/)