Sanità pubblica a pezzi

Una ferita non solo fisica: la sanità pubblica a pezzi

La notizia è tanto inquietante quanto emblematica. In provincia di Lecce, un paziente ricoverato nel reparto di cardiologia di un ospedale pubblico è rimasto ferito dopo che alcune piastrelle si sono staccate dalla parete del bagno della sua stanza. Le lesioni riportate – alla testa, al braccio e al polpaccio – non sono soltanto il risultato di un incidente, ma il sintomo di un male più profondo: una sanità pubblica a pezzi, trascurata, sottofinanziata e sempre più distante dal suo compito originario. Il paziente, ricoverato in una struttura che dovrebbe garantire sicurezza e cura, si è trovato invece vittima di un ambiente pericoloso e degradato. L’episodio, grave e inaccettabile, è stato denunciato pubblicamente dal senatore Domenico Scilipoti Isgrò, Presidente di Unione Cristiana e Responsabile Nazionale Sanità della Democrazia Cristiana.

Il silenzio che fa più male: dove sono le risposte?

Non meno preoccupante dell’accaduto è il silenzio che lo ha seguito. Nessuna dichiarazione ufficiale da parte della Direzione sanitaria dell’ospedale, nessuna presa di responsabilità immediata o piano di intervento annunciato. Eppure si tratta di un evento che meriterebbe quantomeno un’indagine interna, una riflessione pubblica e soprattutto delle azioni concrete. Invece, la risposta è stata il silenzio. Un silenzio che pesa come un macigno non solo sul paziente ferito, ma anche su tutti i cittadini che ogni giorno si affidano al servizio sanitario nazionale con fiducia e speranza. Quando mancano trasparenza e accountability, la fiducia viene meno e lascia spazio alla sfiducia e alla paura.

Tagli, aziendalismo e disumanizzazione: la lenta erosione del sistema

L’episodio di Lecce non è purtroppo un caso isolato. È solo uno dei tanti segnali di una sanità pubblica a pezzi, minacciata da decenni di tagli lineari, scarsa manutenzione delle strutture, carenza cronica di personale e una crescente spinta verso la privatizzazione dei servizi. L’aziendalismo estremo ha trasformato il paziente in un numero, cancellando la dimensione umana del rapporto medico-paziente. La logica del profitto ha preso il posto di quella della solidarietà, relegando i valori fondanti del servizio sanitario pubblico – universalità, equità, accessibilità – in secondo piano. Oggi, accade che un cittadino si ferisca mentre è ricoverato in un reparto ospedaliero. Domani? Forse dovremo aspettarci che manchi il personale per garantire assistenza, che si verifichino blackout nei macchinari, o che si sospendano interi reparti per mancanza di fondi.

La denuncia di Scilipoti: “Un sistema al collasso”

Pandemic Agreement OMSIl senatore Domenico Scilipoti Isgrò non ha usato mezzi termini nel commentare quanto accaduto: “È singolare che una persona possa rimanere ferita per un fatto del genere nel luogo in cui dovrebbe essere curata. Oltre a essere increscioso, è ancora più grave il silenzio della Direzione dell’ospedale.” Secondo Scilipoti, la direzione intrapresa dalla sanità pubblica italiana è quella di un lento ma costante smarrimento del proprio ruolo solidale, in favore di una logica privatistica che mina le basi del diritto alla salute per tutti. Nel suo intervento, ha anche sottolineato come tutto ciò avvenga a dispetto dell’impegno di tantissimi operatori sanitari del settore pubblico, medici e infermieri che continuano a lavorare con dedizione e professionalità nonostante le difficoltà.

Una crisi strutturale: servono scelte politiche coraggiose

La vicenda del paziente ferito a Lecce non è solo un’anomalia, è il sintomo evidente di una crisi strutturale. Gli ospedali pubblici italiani, specialmente nel Sud, soffrono da anni per:

  • Mancanza di investimenti nella manutenzione ordinaria e straordinaria
  • Carenza di personale, aggravata dai pensionamenti e dal blocco del turnover
  • Ritardi nella digitalizzazione e nell’ammodernamento tecnologico
  • Crollo della fiducia dei cittadini nel sistema sanitario

È tempo che le istituzioni affrontino la situazione con scelte politiche coraggiose. Occorre un piano straordinario di rilancio della sanità pubblica a pezzi, che metta al centro il cittadino e la dignità della persona. Un piano che investa nella riqualificazione delle strutture, nella formazione del personale e nel recupero del ruolo del medico come professionista e non come semplice ingranaggio di un sistema aziendale.

Ridare dignità alla cura: la sanità come bene comune

Ripensare la sanità pubblica significa anche restituirle la sua funzione originaria: quella di bene comune, accessibile a tutti, indipendentemente dal reddito o dal luogo di residenza. Non è accettabile che nel 2025 ci si possa ferire in un ospedale pubblico a causa del degrado strutturale. Una sanità davvero pubblica deve essere fondata su valori come la prossimità, la trasparenza, la partecipazione e la cura della persona. Deve riconoscere il valore del lavoro degli operatori sanitari e fornire loro strumenti adeguati per lavorare in sicurezza e dignità.

Conclusione: invertire la rotta, prima che sia troppo tardi

La situazione descritta dal senatore Scilipoti Isgrò deve essere un campanello d’allarme. Se vogliamo salvare il nostro sistema sanitario nazionale, è necessario invertire la rotta. Non possiamo continuare a tollerare il degrado delle strutture, la disumanizzazione dei pazienti e il silenzio delle istituzioni. La salute è un diritto costituzionale, non un privilegio. E ogni cittadino ha diritto a essere curato in un ambiente sicuro, dignitoso e rispettoso. È tempo di mettere fine a questa sanità pubblica a pezzi e iniziare un nuovo percorso, fatto di attenzione, ascolto e responsabilità collettiva.

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