Nella giornata della Memoria La storia di Salvatore Quarta, figlio del deportato Antonio, matricola 172367
“Mio padre faceva i lavori forzati in un campo di concentramento. Siamo riusciti a squarciare il velo del silenzio” Un libro, tratto dal suo diario, ne racconta i patimenti subiti
Anche quest’anno la prima cittadina di Monteroni, Mariolina Pizzuto, è stata in assoluto il sindaco che ha conferito più Medaglie d’Onore tra tutti i sindaci presenti alla cerimonia sulla Giornata della Memoria, magistralmente organizzata dalla Prefettura di Lecce, nella Scuola di Cavalleria, alla presenza delle massime autorità civili e militari e con il coinvolgimento delle scuole.
Il motore di tutto questo è stato Salvatore Quarta, luogotenente della Finanza in pensione che dopo aver condotto le ricerche presso gli Archivi di Stato di Lecce, della Provincia di Lecce e anche nell’Archivio Bad Arolsen (degli internati e sulla deportazione) in Germania e del Bundestag di Berlino, ha scoperto che ci sono stati ben 131 internati o deportati originari di Monteroni.
I parenti di 105 di loro hanno già ricevuto la Medaglia d’onore durante le cerimonie ufficiali. E quest’anno i conferimenti sono anche avvenuti a Bari e a Pavia e oggi in contemporanea a Rimini e ad Alessandria.
Stamattina ne sono state conferite ben 12, nella cerimonia di Lecce, dal sindaco di Monteroni, Mariolina Pizzuto ai parenti delle vittime: “Sono molto grata al nostro concittadino, Salvatore Quarta per il grande lavoro che ha svolto.
Un lavoro lungo e appassionato, di ricerca storica attenta e certosina, che ha portato alla luce i nomi e le storie degli internati o deportati della Seconda Guerra Mondiale.
Con il suo lavoro Salvatore Quarta ha impedito che il sacrificio di tanti nostri concittadini monteronesi che hanno contribuito alla conquista della Libertà andasse disperso o addirittura dimenticato”.
Salvatore Quarta ha avuto una grande motivazione ad iniziare le sue ricerche. E’ figlio del deportato Antonio Quarta, che a soli 25 anni, due giorni prima del suo compleanno, venne chiamato alle armi (il 23 maggio 1940) durante la Seconda Guerra Mondiale.
Venne convocato a Trani e poi subito mandato a combattere sul fronte occidentale ai confini con la Francia. Da qui venne trasferito in Grecia dove fu fatto prigioniero e, dopo un viaggio di undici giorni in un treno merci arrivò dapprima in un campo di concentramento (di smistamento) e poi nel campo di concentramento di Lubecca.
Dove venne costretto a lavorare con altri prigionieri nelle fabbriche Lubecawerke G.M.B.H. e Berlin-Lubecher Maschinenfabriken (acronimo BLM), che gli internati credevano fossero di barattoli, in realtà erano di componenti per le armi.
Venne liberato dagli alleati dopo i bombardamenti dell’agosto 1945 il 2 maggio, quando lui annotò sul suo taccuino VITA BELLA (9 maggio 1945).
La storia di Salvatore Quarta nasce intorno a un braciere, quando nelle rare volte in cui il padre parlava del suo passato, squarciava il velo del silenzio e del dolore dicendo di aver patito la fame, il freddo, la stanchezza. Sicuramente non voleva rivelare al figlio tutti i particolari per non turbare la sua innocenza. “A 71 anni mio padre morì”, racconta Salvatore.
“Ma è solo dopo la morte di mia madre Jolanda che trovai, tra le sue cose, un taccuino, dove lui aveva annotato quanto gli accadeva durante la prigionia: un documento prezioso in cui lui raccontava tutte le umiliazioni subite, la paura, la fame, il freddo.…
Lui e i suoi commilitoni sono stati veri e propri eroi della resistenza passiva: infatti a mio padre venne anche chiesto di collaborare con la Repubblica di Salò, ma lui si rifiutò, rischiando di essere ucciso”.
“Abbiamo impiegato decenni per fare una battaglia in Parlamento e fare in modo che lo Stato riconoscesse che anche gli internati e i deportati di Guerra hanno dato un grande contributo alla resistenza italiana.
Ma solo il 19 novembre 1997 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha conferito la prima Medaglia d’Oro, all’INTERNATO IGNOTO, riconoscendo il valore di queste persone, molte delle quali non hanno avuto la fortuna di ritornare nelle loro case come mio padre. Da quel momento è stata istituita la Medaglia all’Onore che è il massimo riconoscimento della Repubblica italiana”.
Il Taccuino di Antonio Quarta è divenuto un libro, che, scritto dal figlio Salvatore con il titolo “I.M.I.172367 Lager XB Wietzendorf Esempio di umanità negata” è stato pubblicato da Esperidi. Ora è già pronta la seconda edizione.
“Nell’agosto del 1944 la fabbrica di Lubecca venne bombardata e mio padre si salvò per miracolo”, dice Salvatore. “Il 2 maggio 1945 i prigionieri vennero finalmente liberati e mio padre scrive nel suo taccuino proprio come nel film di Benigni: Vita Bella con data 9 maggio”.
“Mio padre tornò a casa che pesava 38 chili! In silenzio e senza chiedere nulla a nessuno ha ricostruito la sua vita rimboccandosi le maniche e lavorando come pittore e decoratore, sposando la donna con cui era fidanzato prima di partire Iolanda.
La Medaglia d’Onore è un riconoscimento morale ai sacrifici compiuti da lui e da tutti gli internati della Seconda Guerra Mondiale. Solo nel Salento ce ne sono stati più di 7mila”.
