Hermèstories: quando il savoir-faire diventa fiaba e la scena si veste d’incanto
C’è un momento, nel buio ovattato del Teatro Franco Parenti, in cui una zip si apre e non è solo un suono: è un racconto. È lì che comincia Hermèstories, il primo spettacolo teatrale firmato Hermès, andato in scena dall’11 al 21 settembre, e che ho avuto il privilegio di vivere – non semplicemente vedere.
Scritto e diretto dalla regista francese Pauline Bayle, lo spettacolo è una fiaba surreale e raffinata, dove gli oggetti della maison – carré, borse, fibbie, scatole arancio – diventano personaggi, voci, memorie. In scena, una giovane scudiera attraversa epoche e vetrine, guidata da un rumorista in carne e ossa, Monsieur Bruit, che con materiali e gesti artigianali costruisce paesaggi sonori degni di un atelier.
Non c’è ostentazione, ma grazia. Non celebrazione, ma gioco. Hermèstories riesce a raccontare l’universo Hermès con leggerezza e profondità, trasformando il lusso in linguaggio teatrale. Ogni oggetto è un testimone, ogni mestiere una voce. I sedici savoir-faire della maison – pelle, seta, metallo, vetro – si intrecciano in una narrazione che non ha tempo, ma ha ritmo, ironia e poesia.
Il secondo atto: la mostra che sussurra
Al termine dello spettacolo, il pubblico è invitato nel foyer, dove una mostra-installazione accoglie in silenzio. Vetrine discrete, luci calde, oggetti autentici e immagini d’archivio compongono un percorso intimo e prezioso. È come entrare nel backstage della fiaba appena vissuta: vedere da vicino le borse, le sete, le fibbie, i dettagli che in scena avevano preso vita.
Camminando tra quelle teche, ho sentito il tempo rallentare. Ogni pezzo raccontava una storia di mani, di gesti, di memoria. E ho pensato che Hermès, con questa operazione, ha fatto qualcosa di raro: ha messo in scena la propria anima, senza retorica, con poesia.
Un debutto che lascia il segno
Hermèstories non è solo uno spettacolo: è un gesto culturale. Un modo per dire che il lusso può essere racconto, che il teatro può parlare di moda, e che la bellezza – quella vera – non ha bisogno di essere spiegata. Basta viverla.
Uscendo dal teatro, con il profumo della pelle ancora nell’aria e la seta negli occhi, ho pensato che sì, anche una zip può commuovere, se raccontata con grazia. E che Hermès, ancora una volta, ha saputo sorprendere. Non con un prodotto, ma con un’esperienza.
Alessandro Trani