DITTAMO
L’ERBA INFIAMMABILE
Ha la caratteristica di “incendiarsi” se posta vicino a una fiamma: “Burning bush” è perciò la denominazione inglese del dittamo. Tale caratteristica, determinata dalla infiammabilità degli olii essenziali contenuti nei suoi fiori, è da attribuire molto probabilmente alla natura chimica alcoolica di queste essenze. Il termine “dittamo” è di origine greca e significa “arbusto del Monte Dikti”, monte che si trova sull’isola di Creta, a testimonianza del fatto che è in Grecia che questa pianta ha il suo habitat originario. L’erba è nota anche con i nomi “frassinella” – per la forma delle sue foglie, che ricordano quella del frassino – e “limonella”, poiché esse, se sfregate, emanano un intenso profumo del tutto simile a quello del limone. Pianta fitoterapica, nell’antichità il dittamo era considerato una panacea per tutti i mali. Era utilizzato per curare lo stomaco, le ulcere gastriche, problemi alla milza, reumatismi e anche l’infertilità. Le proprietà del dittamo sono innumerevoli: ricco di molti oli essenziali e di antiossidanti, è in grado di aumentare l’appetito, è diuretico, digestivo, antispasmodico, astringente e calmante. Ha anche proprietà antifungine, antibatteriche e antielmintiche, tanto che fin dall’antichità in Grecia veniva proprio usato come medicina. Nel pieno rispetto della legislazione europea, il dittamo è riconosciuto come medicina tradizionale e ne è permesso l’utilizzo come erba aromatica. In campo gastronomico il suo utilizzo è più problematico per via del suo profumo troppo intenso e per il sapore troppo forte. Purtuttavia, attraverso una ricerca delle giuste dosi e quantità, si possono utilizzare le foglie, le infiorescenze ed i germogli in diversi piatti di carne e pesce e in diversi dolci. Utilizzando davvero pochi grammi di questa erba officinale, l’esperienza di utilizzare il dittamo in cucina è sorprendente.
La “pianta letteraria”
Il suo aspetto leggiadro e il profumo intenso hanno richiamato su questo arbusto, nel corso dei secoli, l’attenzione di poeti e scrittori, oltre che dei botanici. Cicerone e Virgilio ce lo ricordano per le sue proprietà cicatrizzanti e antisettiche. Ludovico Ariosto fa curare la ferita nel petto di Medoro ad Angelica col dittamo in “Orlando Furioso”, canto XIX. Torquato Tasso nella “Gerusalemme Liberata” canto XI, invia un angelo a cogliere il dittamo sul Monte Ida per curare la gamba di Goffredo, colpito da una freccia di Clorinda. Sono tanto numerosi i poeti e gli scrittori che ne hanno parlato che si potrebbe definire il dittamo come “pianta letteraria”. Baudelaire lo usa come metafora della bellezza nella sua poesia “Tout Entière”. Alessandro Manzoni ne fa cenno nel carme “In morte di Carlo Imbonati”. Ne parlano nelle loro opere anche Gabriele D’Annunzio, Luigi Bertelli (“Il giornalino di Gianburrasca”), più recentemente Umberto Eco e J. K. Rowling, la madre di Harry Potter.
Marica De Bonis
tratto da:
Milano 24orenews Marzo 2021