Italia ignoranza sovrana: la cultura sotto attacco
“In Italia l’ignoranza è diventata sovrana.” Con queste parole forti il Senatore Domenico Scilipoti Isgrò, Presidente di Unione Cristiana e Responsabile del Dipartimento Salute della Democrazia Cristiana, ha commentato un episodio che scuote le fondamenta della cultura libera: la cancellazione e il boicottaggio di concerti di artisti russi in alcune città italiane. A Caserta, il celebre direttore d’orchestra russo Valery Gergiev è stato escluso da un evento per presunte ragioni “politicamente corrette”. A Bologna si tenta ora di impedire l’esibizione del pianista russo Romanovsky. Due casi che sollevano una domanda inquietante: l’Italia sta davvero scegliendo l’ignoranza al posto della cultura?
Politica e arte: un confine sempre più labile
L’arte, per sua natura, unisce e supera i confini. È lo spazio dove l’umanità si incontra oltre le ideologie. Eppure, stiamo assistendo a un’inversione di rotta. Artisti di alto profilo vengono penalizzati per la loro nazionalità, non per il loro pensiero o comportamento. Nel caso di Gergiev, noto per la sua vicinanza al governo russo, il dibattito potrebbe anche essere comprensibile se circoscritto alle sue prese di posizione. Ma nel caso di Romanovsky, pianista che non risulta avere legami politici rilevanti, il rifiuto di ospitarlo sembra dettato da un generico e pericoloso pregiudizio antirusso.
Il ritorno della censura culturale
Il fenomeno non è isolato. In diversi Paesi europei, e ora anche in Italia, si stanno moltiplicando le censure nei confronti di autori, musicisti, registi o scrittori russi, spesso senza che vi siano motivi specifici legati alle loro opere. Si tratta di una deriva che preoccupa profondamente. Secondo Scilipoti Isgrò, questo atteggiamento rappresenta una nuova forma di ignoranza istituzionalizzata: “Siamo di fronte a una censura mascherata da moralismo. Ma la cultura non ha nulla a che fare con la politica, e chi sostiene il contrario mostra una visione miope e pericolosa.”
L’indignazione selettiva: due pesi e due misure?
Nella sua nota, il Senatore osserva anche una preoccupante disparità di trattamento. “È singolare,” afferma, “che non vi siano state proteste analoghe nei confronti di artisti israeliani, nonostante i conflitti che coinvolgono il loro Paese. Evidentemente, qualcuno nella storia è più protetto di altri.” Si tratta di un’osservazione provocatoria, certo, ma che punta il dito contro un’ipocrisia diffusa. Quando si sceglie di boicottare un artista solo per la sua nazionalità, si entra in un campo pericoloso. La selettività nell’indignazione mina ogni credibilità, trasformando la cultura in terreno di scontro ideologico.
Un appello alla ragione e alla cultura
Il grido Italia ignoranza sovrana non è solo una provocazione. È un appello. Un invito a riscoprire il valore della cultura come ponte tra i popoli, non come strumento di divisione. Quando si comincia a escludere gli artisti in base al passaporto, si accende una miccia che può portare alla perdita della libertà di espressione. L’Italia, culla del Rinascimento, ha il dovere morale e storico di difendere l’autonomia del pensiero e delle arti. Oggi più che mai è necessario distinguere tra la politica dei governi e la creatività degli individui. Confondere i due piani significa abbandonare la logica e la civiltà.
Cosa rischiamo davvero
Dietro queste esclusioni non c’è solo un problema di immagine o di libertà artistica. C’è un rischio concreto per la democrazia culturale. Boicottare un artista per motivi etnici o politici significa avallare la discriminazione. E quando la discriminazione entra nei teatri, nelle biblioteche, nei musei, diventa molto difficile fermarla prima che si diffonda ovunque. Chi oggi esclude un pianista russo, domani potrebbe censurare uno scrittore dissidente, dopodomani un pensatore scomodo. È un terreno scivoloso. La storia ci ha insegnato quanto sia facile cadere in questo tipo di errori. E quanto siano gravi le conseguenze.
Italia ignoranza sovrana: un rischio per tutti
L’affermazione “Italia ignoranza sovrana” non è solo una condanna dell’attualità. È un monito per il futuro. Se la cultura diventa ostaggio dell’ideologia, tutti perdiamo. Perdiamo la libertà di pensare, di ascoltare, di confrontarci. Perdiamo la possibilità di costruire ponti in un’epoca in cui ne abbiamo un disperato bisogno. Non si tratta di essere filorussi o contrari alla guerra. Si tratta di difendere un principio universale: il diritto alla cultura, alla conoscenza, al dialogo. Anche – e soprattutto – quando il mondo è diviso.
Scegliere la cultura, non il pregiudizio
Il Senatore Scilipoti Isgrò lancia un appello forte ma necessario: “Siamo con l’ignoranza al potere.” Una frase amara, che invita tutti a riflettere. Siamo davvero pronti a sacrificare la cultura sull’altare del politicamente corretto? Difendere la libertà artistica oggi è un atto di responsabilità. Non farlo significa abituarsi alla censura, all’omologazione, al pensiero unico. In un’Italia che rischia di diventare prigioniera del sospetto, occorre più che mai difendere l’universalità della cultura.