Francesco Giorgino

“ Da piccolo avevo due sogni:
   diventare giornalista e professore universitario ”

Ha realizzato i sogni che coltivava sin da piccolo. Francesco Giorgino, il familiare conduttore del TG1 delle 20 e delle trasmissioni speciali di politica, nasce ad Andria nel 1967. Si laurea con lode in Giurisprudenza a Bari nel 1990 e dal 1993 è giornalista professionista. Pugliese doc, è romano di adozione. Ha insegnato per molti anni Sociologia della Comunicazione alla Sapienza di Roma e attualmente insegna Comunicazione e Marketing alla Luiss e all’università di Bari.
È autore di decine di saggi sui temi della Comunicazione, del Marketing e del Giornalismo. Il suo ultimo libro è “Alto Volume” edito da Luiss University Press. Appassionato di tennis, è un istruttore di secondo grado della Federazione Italiana Tennis”.
Quest’anno festeggia 30 anni di Rai. È entrato al Tg1 all’età di 24 anni, nel 1991, e da allora non ha mai lasciato la redazione dell’ammiraglia del servizio pubblico. Inizia a Uno Mattina, poi passa alla redazione società, quindi alla redazione cronaca. Da “inviato” segue casi nazionali molto delicati e diviene prima caposervizio e poi vicecaporedattore della redazione cronaca. Avendo sempre avuto una forte attenzione per i temi politici, viene trasferito alla redazione interni assumendo poi il ruolo di caporedattore centrale.
Contemporaneamente al percorso dirigenziale porta avanti anche una carriera da conduttore: prima alle 13:30 e poi alle 20, l’edizione più importante in assoluto.

Da 30 anni in RAI, ha il TG1 nel cuore, ma è anche il volto più popolare del TG1. Per gli italiani è diventato “uno di famiglia”.
È normale quando vai in video da tanto tempo, nel mio caso dal 2000, diventare un volto popolare e familiare. Sei uno di famiglia per chi ti accoglie in casa tutte le sere ad ora di cena e consideri il pubblico al quale ti rivolgi come la tua famiglia allargata. Questo è il motivo per cui molti telespettatori avvertono il bisogno di scrivermi, di interagire con me come se ci conoscessimo di persona. Vogliono avere spiegazioni su ciò che dico al Tg, rivolgono domande e interloquiscono sull’attualità. Io cerco di rispondere a tutti. Per me il pubblico è sacro.

Francesco Giorgino TG1 ore 20

TG1 ore 20: Lei entra ogni giorno nelle nostre case, sempre con grande discrezione. Più per carattere o per esigenze della professione?
Ho un carattere mite e una postura moderata davanti alla realtà, sempre più complessa e quindi sempre più difficile da osservare, interpretare e descrivere. La discrezione fa parte del DNA mio e della mia famiglia. Rai 1 è una rete generalista dove è ancora più importante che altrove il rispetto del pluralismo. Una parola che va declinata in tanti modi: pluralismo politico e culturale, valoriale e religioso, territoriale. Anche per questo motivo considero il Tg1 la mia seconda abitazione. Quando ero un adolescente sognavo di lavorare proprio lì, perché apprezzavo il modo equilibrato e pacato con cui i miei predecessori raccontavano la realtà. Il Tg1 è sempre stato il mezzo di comunicazione in cui fare sintesi con autorevolezza, in cui agevolare la cultura delle istituzioni, in cui parlare dell’Italia, ma anche degli italiani.

È stato il primo a condurre uno speciale sulla pandemia… Da osservatore, quanto tempo immagina che occorrerà per venirne fuori… Si intravede una luce?
Vorrei tanto risponderle con l’ottimismo dell’intelligenza e non solo con quello della volontà. La speranza fa parte della mia formazione da cattolico, ma non posso non riscontrare elementi di criticità nella tabella di marcia rispetto a quella che rappresenta la soluzione al problema. Mi riferisco alla vaccinazione di massa. Registriamo un preoccupante ritardo già nella vaccinazione della fascia degli anziani. Speriamo di recuperare subito. Ritengo che per venirne fuori -come lei dice- ci vorrà almeno tutto il 2021. Nel frattempo dovremo abituarci a considerare nuovi modus operandi in tutti gli ambiti della vita. Dovremo continuare a trasformare le avversità in opportunità ricorrendo alle categorie della resilienza e della responsabilità individuale e collettiva.

Francesco Giorgino Luiss

Lei è anche un professore universitario. Un’altra sua grande passione?
Da 20 anni accompagno la mia attività giornalistica a quella di docente universitario. Ho insegnato per molti anni Sociologia della Comunicazione alla Sapienza di Roma. Da cinque anni insegno alla Luiss Content Marketing & Brand Storytelling, ma anche Newsmaking. Nella stessa università dirigo il Master di secondo livello in Comunicazione e Marketing politico e istituzionale. La Luiss è un luogo fantastico dove si coltiva una visione prospettica e dove si può sperimentare tanto. Amo formare i giovani, provando ad abituarli nel mio piccolo al valore dell’interdisciplinarità. Da studioso di scienze sociali le dico che sarebbe un errore continuare ad affrontare la pandemia solo sotto il versante dell’emergenza sanitaria. Dobbiamo presto occuparci delle ricadute economiche e sociali di questa situazione che sta lasciando tracce significative anche a livello piscologico e che rischia di avere ricadute persino dal punto di vista antropologico. La pandemia è uno spartiacque tra un prima e un dopo.

La passione per il giornalismo è nata prima o dopo la laurea in Giurisprudenza?
Prima. È una passione nata addirittura durante la scuola media. La mia professoressa d’italiano ci faceva andare in giro per la città di Andria a fare interviste alla popolazione con tanto di registratore a tracolla. Al liceo classico frequentai un corso di giornalismo. A 18 anni già scrivevo su un periodico locale e lavoravo in una televisione inter-provinciale dove poco dopo avrei condotto il Tg e alcune trasmissioni d’approfondimento. Quando a settembre del 1991 feci il provino con Bruno Vespa, allora direttore del Tg1, al netto di qualche “incertezza” di dizione, non ebbi grossi problemi proprio perché avevo già fatto un po’ di palestra.

Quanto è difficile usare un linguaggio espressivo accessibile a tutti, soprattutto evitare i tecnicismi della Politica?
Le confesso una cosa. È difficile sempre, ma per me lo è ancora di più, visto che nell’arco delle 12 ore lavorative della mia giornata standard mi capita di trascorrere molto tempo a studiare saggi e ricerche di comunicazione e marketing politico, a scrivere paper e articoli scientifici, a fare lezione agli studenti con codici specialistici. Devo prestare molta attenzione alla diversificazione del linguaggio. Detto questo, in Tv il pubblico ha il diritto a fruire un lessico semplice, accessibile, divulgativo, improntato alla verità, efficace. Per ottenere questo risultato c’è un solo sistema: studiare, studiare, studiare. Più conosci, più sei chiaro.

Alto Volume Francesco Giorgino

“Giornalismo senza informazione” “informazione senza giornalismo”. Sono due espressioni del suo libro “Alto Volume” che mi hanno colpito. Ce le spiega?
Partiamo dalla seconda, ovvero dalla “informazione senza giornalismo”. L’ecosistema digitale ci sta abituando a nuove forme di comunicazione. Cambiano i luoghi di produzione e quelli di fruizione dei contenuti. Il Web 2.0 ha allargato la partecipazione dei cittadini ai processi di trasferimento e acquisizione della conoscenza. A fornire informazioni, magari con l’idea anche di poter fare informazione, ci sono soggetti che non appartengono a organizzazioni professionali come il giornalismo. Non è questione trascurabile la disintermediazione o la reintermediazione. Sulle piattaforme social, indispensabili per tante attività specie in questo periodo in cui stiamo coltivando disegni di socialità sostitutiva o di socialità altra, si corre il rischio dell’eccesso di de-contestualizzazione degli accadimenti che entrano a far parte della narrazione pubblica. Quanto alla seconda espressione, ovvero il “giornalismo senza informazione”, il riferimento è all’allargamento delle scelte di notiziabilità anche a contenuti riconducibili più al bisogno di diversione che a quello della sorveglianza della realtà. L’infotainment, ovvero la contaminazione tra il macro genere dell’informazione e il macro genere dell’intrattenimento, è un segnale evidente di quanto sto sostenendo. Un segno dei tempi.

Uno dei grandi eventi che ha raccontato in prima linea e che ricorderà sempre con emozione particolare.
Ce ne sono tanti. Ho avuto la possibilità di raccontare, tra gli altri, l’esodo degli albanesi a metà degli anni Novanta, il terremoto di Umbria e Marche, il G8 di Genova e dell’Aquila, le elezioni di due Presidenti della Repubblica, la nascita di molti governi, l’incendio della cattedrale di Notre Dame a Parigi, le straordinarie sulle misure anti-Covid, le dimissioni di Ratzinger e l’elezione di Papa Francesco, gli speciali elettorali e di politica in Italia e all’estero. Tutti avvenimenti che, a diverso titolo e in diversa misura, mi hanno emozionato e fatto crescere professionalmente.

Una curiosità, un aneddoto vissuto nel backstage, “dietro le quinte” in tutti questi anni Rai.
C’è un episodio che risale alla notte prima del mio esordio alla conduzione dell’edizione delle 13:30, nell’estate del 2000. La trascorsi a fare le prove di lettura dei titoli. Non tutti sanno che, essendo quella dei titoli la parte in cui l’eloquio di un conduttore si fa iper-accelerato, è anche quella in cui si rischia di sbagliare di più. Non volevo cominciare con una “papera”, insomma. Per fortuna andò tutto bene.

Francesco Giorgino - istruttore di tennis

Parliamo di una sua altra passione di sempre, quella per il tennis, che la vede istruttore e docente FIT. Come ci è arrivato?
Ho sempre avuto questa passione, fin da adolescente. Il tennis è uno sport che si fonda sulla tecnica e che predispone alla tattica. Una bella metafora dell’esistenza umana, posto che senza tecnica e senza tattica non si va da nessuna parte. Le qualifiche da istruttore, di primo e secondo grado, le ho conseguite da adulto. La Federazione Italiana Tennis mi ha proposto di insegnare alla scuola maestri. Ho accettato, ma prima ho fatto i due corsi da istruttore e superato gli esami di abilitazione. Per insegnare qualcosa a qualcuno devi sapere ciò di cui egli ha bisogno e immedesimarsi nelle loro esigenze.

“Attaccante da fondo campo”: così ha risposto in una recente intervista in TV dove le si chiedeva di autodefinire il suo ruolo di giornalista usando un ruolo da sportivo. Un ruolo fondamentale nel suo mestiere?
A volte nel tennis mi capita di interpretare il mio gioco nel ruolo di “attaccante da fondo campo”. Non sempre ci riesco, tuttavia. Al Tg1 non si gioca quasi mai in difesa, si è quasi sempre in attacco, appartenendo noi ad una testata leader. “Da fondo campo” perché in molte circostanze è più conveniente ridurre i rischi che comporta -sempre per rimanere alla metafora da lei sollecitata- la discesa a rete. Si lasciano ampie porzioni di campo scoperte. Leggesi ampie opzioni narrative inesplorate.

Lei è nato ad Andria e sappiamo anche che è molto legato alla sua città. Una ricetta che ama, un piatto di Andria a cui proprio non riesce a rinunciare?
Premetto che gli alimenti più identificativi di Andria sono la burrata e l’olio extravergine d’oliva. Non mangio formaggi, per cui tutte le mie attenzioni sono concentrate su quella meraviglia con cui noi pugliesi e soprattutto noi andriesi condiamo tutte le pietanze. Il piatto a cui non riesco a rinunciare è orecchiette e cime di rape, naturalmente innaffiate da olio di prima spremitura. Quello che pizzica e che ti fa sentire a casa alla velocità della luce. Per me, oltretutto, ricordi d’infanzia.

Un sogno nel cassetto…
Glielo dico con il massimo di sincerità: continuare a fare quello che faccio. Mi reputo un uomo fortunato a fare due lavori, quello di giornalista e quello di professore universitario, che ho sempre sognato di fare.

Grazie Giorgino, ci vediamo stasera alle 20!

Alessandro Trani

tratto da:
Milano 24orenews Febbraio 2021

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Roma 24orenews Febbraio 2021
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