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Il via libera europeo è stato annunciato a Bologna,

dove è in corso il congresso nazionale della Società italiana di Ematologia.
 
Leucemia melodie cronica: un nome che spaventa, una patologia seria e grave per la quale oggi è stata presentata una importante novità. Un nuovo farmaco, la molecola bosutinib è in grado di ridurre la mortalità per la malattia e si è dimostrato capace di ridurre notevolmente lo sviluppo di nuove cellule leucemiche. I dati sono stati presentati durante il congresso della Societa’ americana di ematologia (Ash) in corso ad Orlando (Usa), ma vengono dal nostro paese, in particolare dal dipartimento di Medicina clinica dell’Università Bicocca di Milano e dall’Unità di Ematologia dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Contro una delle più gravi forme di leucemia, la leucemia mieloide cronica (LMC), l’obiettivo di una vittoria completa non è più un miraggio: dopo l’avvento di imatinib (Glivec), la terapia mirata in grado di assicurare percentuali di sopravvivenza di circa il 90 per cento, il Comitato scientifico dell’EMEA (CHMP) ha raccomandato nei giorni scorsi l’approvazione di Tasigna (nilotinib), nuovo farmaco Novartis destinato a trattare il piccolo numero di pazienti che manifestano resistenza o intolleranza al Glivec. 

 

 

“Nilotinib rappresenta un importante passo in avanti nella terapia della leucemia mieloide cronica, in quanto si è dimostrato un valido presidio terapeutico per i non molti pazienti che sono andati incontro a fallimento con imatinib”, afferma Michele Baccarani, Direttore Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” di Bologna.  “Questa notizia conferma il momento positivo delle terapie contro i tumori del sangue, che possono avvalersi di farmaci sempre più efficaci e mirati. La ricerca in ematologia sta conoscendo una serie di successi che hanno radicalmente modificato le prospettive di molte malattie del sangue dando ai pazienti possibilità di sopravvivenza e a volte guarigione fino a qualche anno fa del tutrto impensabili”, ha affermato Sergio Amadori, Presidente Società italiana di Ematologia, direttore della Struttura Complessa di Ematologia del Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma. L’avvento di nilotinib consolida la svolta inaugurata da Glivec, il farmaco che ha rivoluzionato la terapia dei tumori del sangue, grazie alla sua capacità di colpire selettivamente le cellule malate, risparmiando quelle sane. “Il Glivec è tuttora il farmaco di riferimento di questa patologia in quanto combina un risultato terapeutico da record – con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni pari all’89 per cento – con effetti collaterali che oramai conosciamo e riusciamo in larga misura a controllare”, afferma Giuseppe Saglio, Direttore Medicina Interna 2 ed Ematologia, Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Ospedale San Luigi Gonzaga, Università di Torino. Tuttavia, nonostante gli ottimi risultati che si ottengono nella maggior parte dei pazienti trattati con Glivec, in alcuni casi può però verificarsi un fallimento terapeutico, a causa della comparsa di resistenza o intolleranza al trattamento. Il fenomeno coinvolge solo una piccola parte dei pazienti, circa il 10 per cento di quelli trattati.

 

Per offrire anche a loro una opportunità di cura, la ricerca ha messo a punto nilotinib, un inibitore della tirosin chinasi BCR-ABL di seconda generazione, dotato di una maggiore selettività e potenza, caratteristiche che si traducono in una rapida risposta clinica nei pazienti che per ragioni diverse possono non rispondere più a imatinib.  Niilotinib riesce ad agire su 31 delle 32 mutazioni delle proteina che causano la leucemia mielodie cronica. Sono proprio queste mutazioni all’origine delle resistenze a imatinib.

 

 

L’efficacia clinica di nilotinib in pazienti affetti da LMC Ph+ in fase cronica (CP) e accelerata (AP), è stata dimostrata in uno studio di fase II, che ha incluso oltre 500 pazienti. Tale studio ha coinvolto 15 dei principali centri di ematologia italiana, oltre che lo stesso Gruppo GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto), che hanno contribuito in maniera decisiva alla riuscita dello studio arruolando ben 118 pazienti (circa 27% della casistica totale).

 

I due terzi dei pazienti con LMC-CP ha risposto alla terapia e nella maggior parte dei casi la risposta è stata raggiunta rapidamente: addirittura entro 3 mesi dall’inizio del trattamento con nilotinib (mediana 2.8 mesi). La percentuale di risposta complessiva per i pazienti con LMC-AP (fase acuta) è stata del 42 per cento e anche in questo caso la maggior parte dei pazienti ha raggiunto la risposta precocemente (entro 1-2 mesi dall’inizio del trattamento). I risultati ottenuti con nilotinib indicano che il farmaco è dotato di un’elevata efficacia in tale popolazione a rischio di progressione di malattia.

 

 

Alla luce dell’importanza clinica di questi risultati, che aprono una possibilità di cura per pazienti che per ragioni diverse non rispondono più e che quindi andrebbero incontro a progressione, come già avvenuto per Glivec, nilotinib ha ottenuto l’approvazione da parte del Comitato scientifico dell’EMEA (CHMP) con procedura d’urgenza.

 

 

Con questo nuovo farmaco lo spettro di efficacia delle attuali terapie contro la leucemia mieloide cronica si allarga. L’impegno di Novartis è adesso rivolto a trovare nuove soluzioni terapeutiche in grado di ridurre al minimo i casi di resistenza. Nella pipeline di Novartis sono in fase iniziale di sviluppo altre molecole, basate su un meccanismo d’azione diverso rispetto agli inibitori delle tirosin-chinasi, che nei prossimi anni potrebbero assicurare copertura terapeutica a un numero di pazienti sempre maggiore

 

 

 

La Redazione

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