La reginetta di Leenane scena slide 1
Ambra Angiolini e Stefano Annoni

Ieri sera, al Teatro Franco Parenti di Milano, ho assistito con alcuni cari amici alla prima de La reginetta di Leenane.  Primo spettacolo di un ciclo dedicato alle donne, con il sostegno di Grazia, Fondazione Ravasi Garzanti e Cristalfarma, è stato introdotto da Andrèe Ruth Shammah. Un debutto potente e inquietante, affascinante e necessario.

Il testo di Martin McDonagh, tradotto da Marta Gilmore e diretto con precisione chirurgica da Raphael Tobia Vogel, è un capolavoro di tensione. Una lama affilata che incide i rapporti familiari con ironia nera e crudeltà emotiva. L’ambientazione è l’Irlanda rurale degli anni ’90. Lo spettacolo racconta la convivenza tossica tra Maureen e Mag, figlia e madre legate da un filo di rancore, dipendenza e silenziosa violenza.

Ambra Angiolini è magnetica, interpreta Maureen con intensità e precisione. La sua Maureen è aspra, fragile, feroce. Ivana Monti, invece, dà vita a Mag, una madre manipolatrice e apparentemente innocua. Le due attrici si fronteggiano in un duello emotivo e psicologico che non concede tregua. Ogni battuta è un colpo, ogni pausa un veleno che si insinua sotto pelle. I ruoli si ribaltano continuamente, creando un effetto disturbante e coinvolgente.

Photo-gallery courtesy Teatro Franco Parenti

La regia di Vogel è essenziale, claustrofobica, e proprio per questo potente. Ogni gesto, ogni silenzio, ogni battuta costruisce un crescendo drammatico. Inoltre, il ritorno di Patrick (Stefano Annoni) e l’irruzione di Ray (Edoardo Rivoira) aprono spiragli di speranza. Tuttavia, questi si richiudono con brutalità, lasciandoci senza fiato: sospesi, incerti, emotivamente coinvolti.
Il lungo applauso finale, sincero e prolungato, ha suggellato una serata intensa, lasciando il pubblico visibilmente scosso e profondamente grato.

Questa prima non è stata solo teatro: è stata esperienza, riflessione, ferita. Un viaggio disturbante dentro le pieghe dell’anima, dove il dolore si mescola al desiderio di fuga, e l’amore si confonde con il controllo. Un inizio perfetto per un ciclo che promette di mettere al centro le voci femminili, le relazioni, le ombre e le verità che spesso restano fuori scena.
La reginetta di Leenane ci ricorda che il teatro può ancora ferire, interrogare, trasformare.

Alessandro Trani

 

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