Palazzo Marino

A cura di Paolo Minotti

La storia concorda sul fatto che il nome del noto Palazzo, oggi sede del Comune, si riferisca al conte Tommaso Marino, banchiere genovese, rozzo e senza scrupoli, che aveva accumulato fortune a Milano in modi tutt’altro che onesti. Intorno alla storia di Palazzo Marino sono fiorite diverse leggende: questa è una tra le più note.

Si narra che un giorno l’anziano vedovo banchiere, sul sagrato della vecchia Chiesa di San Fedele, vicino a casa, abbia incrociato lo sguardo di una bellissima ragazza, restandone fulminato. Lei era Arabella Cornaro, una giovane e avvenente veneziana di nobili origini (discendeva dalla famiglia di Caterina Cornaro, Regina di Cipro), figlia di un noto aristocratico. Il vecchio conte non solo non era adatto a lei, per l’età, ma nemmeno possedeva, da offrirle, un’abitazione degna delle aristocratiche dimore veneziane. E infatti il padre rifiutò la sua richiesta di prenderla in moglie, adducendo a valido motivo il fatto che la dimora del pretendente non fosse sufficientemente decorosa per la figlia, abituata a ben altri fasti. Così il conte si diede da fare per costruire una dimora abbastanza fastosa da poter convincere il padre della giovane a cambiare opinione sul suo conto ed acconsentire al matrimonio. In quei giorni venne composta una canzone che a Milano ancora qualcuno ricorda:
“Ara, bell’Ara discesa Cornara, de l’or fin, del cont Marin strapazza bardocch, dent e foeura trii pitocch, trii pessitt e ona massoeura, quest l’è dent e quest l’è foeura”
(Ara, bell’Ara della famiglia Cornaro, dai capelli di oro fino, appartieni al conte Marino strapazza preti, dentro e fuori di casa ci sono tre bravi, con la mazza e i tre pesciolini, questo e dentro e questo e fuori).

La Signora di Monza ph Giuseppe Molteni

Per la costruzione del palazzo, Marino chiama il famoso architetto Galeazzo Alessi e con lui alcuni dei massimi scultori della Fabbrica del Duomo. Le spese sostenute da Tommaso Marino sono così ingenti da portarlo sull’orlo del fallimento: le autorità spagnole gli confiscano il palazzo. Non si sa molto della vita di Arabella: un giorno la trovano morta in un palazzo di famiglia a Gaggiano, impiccata al baldacchino del letto. Una morte misteriosa e tragica. Quando nel 1572 Tommaso muore all’età di 97 anni lascia un impero traballante, un palazzo incompiuto e due figlie piene di debiti: Virginia e Clara. Virginia sposa in seconde nozze Martino de Leyva, nipote di Antonio de Leyva, il primo governatore spagnolo di Milano. Dai due, che abitavano a Palazzo Marino, nascerà Marianna, la futura “Monaca di Monza” di manzoniana memoria.

Tratto da
24orenews.it Milano
MI24 DIC2021 Cover r

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